Il Messaggero (S. Carina) – Inespressivo. Una sfinge in campo per 96 minuti. E non solo al gol di Cristante che a quel punto della gara andava esclusivamente a limitare i danni. Il pareggio infatti allunga soltanto l’agonia di una stagione piatta, senza sussulti.
Se Mourinho si aspettava una reazione dopo lo sfogo di San Siro, sarà rimasto deluso. E il post-gara dimesso, è lì a confermarlo: “Quando stai perdendo al 90° e poi pareggi cambia la dinamica emozionale. Prima della partita non avrei accettato il pari e neanche all’intervallo. Ora dico Grazie mille’. Non lo volevamo ma è comunque un punto. Sicuramente potevamo fare di più ma non abbiamo perso nelle ultime 4 partite di Serie A“.
È proprio questo suo accontentarsi che preoccupa. Non è la Roma che sta lavorando per diventare Special ma lo Special per antonomasia che sembra aver preso la via della normalità. Mou davanti ai microfoni di Dazn si ostina a vedere il bicchiere mezzo pieno anche quando dentro al calice ci sono poche gocce. “Otto punti in 4 gare”, dice. Non mente ma con Cagliari, Empoli, Genoa e Sassuolo, rispettivamente 18°, 11°, 19° e 12° in classifica. Poi, sollecitato, inizia a parlare di “empatia”, di “amicizia interna”, di “un gruppo molto unito”, bollando come “giornalismo di quinta categoria” chi osa dubitarne.
Tutte caratteristiche, però, che non si vedono in campo. Squadra molle, anche in una serata dove gli episodi per una volta non hanno girato certamente a sfavore, contro un Sassuolo privo di Scamacca, Djuricic e Raspadori che soltanto una settimana fa aveva perso 4-0 contro la Sampdoria. La cruda realtà è che la Roma non ha un’impronta tattica che non sia cercare costantemente con lanci lunghi la profondità dei due attaccanti. Non è un caso che le migliori prestazioni stagionali siano arrivate con Atalanta e Empoli, due squadre che lasciano molti spazi.
Anonima nel gioco ma soprattutto nel carattere, prerogativa che dovrebbe essere la stella polare del credo calcistico di José. Lui, incalzato, inizia ad ammettere le lacune, operando però una distinzione: “Una cosa è la tattica collettiva, un’altra quella individuale. Nel primo gol, hanno sbagliato sulla profondità di Traorè, ma può succedere. Il secondo è del tipo che fa venire gli incubi, da non dormirci la notte. A centrocampo, poi, nella prima parte della partita ci è mancato ordine e disciplina. Ogni volta che la palla arrivava a Viña o Karsdorp, c’erano poche possibilità di giocare dentro. In 70 minuti Felix ha avuto una sola possibilità“.