L’Argentina guida le danze e ora la Roma balla il tango

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La Gazzetta dello Sport (M.Cecchini) – Ci fu un tempo in cui la Roma faceva soltanto rima con Brasile. Bellezza, estetica, se vogliamo poesia calcistica. Terminata l’epoca di Falcao, Cerezo, Aldair e via rimpiangendo, adesso che il pallone muscolare dei nostri giorni sembra necessiti più di gladiatori che di verseggiatori, pare che la grinta e la esasperata voglia di vincere possa fare la differenza; e così un valore aggiunto spesso può essere quella che in spagnolo viene chiamata «garra». Ecco, dove ne abbonda è l’Argentina – Paese in cui, peraltro, non si disdegna la tecnica – che ha esportato nel nostro campionato generazioni di guerrieri. Nessuna sorpresa, perciò, che la Roma chiamata a scendere in campo domani contro la capolista Sampdoria adesso si affidi ad un tandem di argentini in campo, pronti a essere supportati da un altro paio che in panchina paiono starci stretti. E allora spazio a Diego Perotti e Leandro Paredes come titolari; e a Federico Fazio e Juan Manuel Iturbe eventualmente in corsa.

«IL MIO DERBY» «Ora per tutti noi ci sarà un vero e proprio tour de force per la Roma e ci stiamo preparando al meglio – spiega Perotti, nell’ambito della presentazione di «Uniti per la Pace», la partita di beneficienza in programma il 12 ottobre a Roma –. Dobbiamo migliorare rispetto a quanto fatto finora e vincere a tutti i costi». Sulla sua condizione poi aggiunge: «Sto bene. Non ho avuto nessun problema muscolare ma delle vesciche uscite sotto i piedi che mi davano dolore. Ho già ricominciato ad allenarmi. Certo, sappiamo di aver pareggiato una gara che dovevamo vincere e quindi nelle gare che avremo da ora in avanti occorrerà imporsi per forza. E poi adesso c’è la Samp e per me, con cuore genoano, sarà sicuramente una partita diversa. Io comunque lotto sempre e penso solo a vincere, qualunque sia l’avversario».

RIQUELME E REDONDO – L’anima argentina di Perotti, poi, viene fuori anche per il giocatore di riferimento. «Il mio mito è sempre stato Riquelme». Non si allontanano dall’Argentina neppure i gusti di Paredes. «Redondo, che è stato tra i più forti nel ruolo. E poi ho preso il numero 5 perché l’hanno portato grandi centrocampisti come Falcao e Assunçao». E allora, parlando della posizione in campo, cominciano anche i ringraziamenti. «Devo a Giampaolo il fatto di aver cambiato ruolo – ha spiegato sulla rivista del club destinata al programma –. Ero arrivato per giocare mezzala o trequartista, ma dopo una settimana che ero a Empoli mi ha messo al centro della mediana e mi ha dato fiducia. D’altronde, anche mio padre alcuni anni fa mi disse che il ruolo di regista sarebbe stato il mio futuro. Non sbagliò». A sbagliare, però, sono stati tanti che si aspettavano una Roma qualificata per la Champions. «L’eliminazione col Porto l’abbiamo presa male; insieme al pareggio col Cagliari è stato un risultato che non ci aspettavamo. Però ora bisogna solo guardare avanti, e pensare alla gara contro la Samp che affronteremo col massimo impegno». Non ne dubitiamo. Pensare a degli argentini senza «garra», dicono a Trigoria, sarebbe come immaginare una Roma senza il Papa. E allora, guai a essere miscredenti.

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