Dalla scelta di investire in un paese sull’orlo del default all’obiettivo di uno stadio di proprietà. Passando per lo sviluppo nel mondo di quel marchio che, per centinaia di migliaia di romani, significa passione. Tom DiBenedetto si racconta a L’Espresso, in edicola domani, raccontando se stesso (“Ho sempre cercato di non essere sui giornali, sono cresciuto nell’investment banking, dove è meglio non apparire finché l’affare non è concluso“), e svelando i segreti dell’affare Roma. A partire dal passaggio di consegne con la famiglia Sensi: “Un’eredità dolorosa“, ma sulla quale l’uomo d’affari figlio di emigranti arrivati a Boston da Siano, nei pressi di Salerno, non ha voluto sbilanciarsi troppo: “Non abbiamo niente da guadagnare a parlare male di Rosella Sensi. E qualunque cosa io possa dire suonerebbe negativa verso di lei“. Il pensiero è a presente e futuro: “Dobbiamo iniziare a vincere“.
“LA MIA ROMA TRA MARCHIO, WEB E VITTORIE” – Per raggiungere i propri traguardi, Mr Tom punta a rilanciare – anche economicamente – il club: “Roma è in una posizione unica. La Chiesa cattolica è stata costruita qui e questo è il centro dell’universo per due miliardi di persone che considerano un obbligo visitare la Città eterna prima o poi. Per arrivare a questo dobbiamo concentrarci sul marchio e svilupparlo, naturalmente a partire dalle vittorie in campo. Per ogni club ci può essere un modello di business che funziona, se il proprietario ha con il club lo stesso approccio che ha con la sua azienda“. Nessuna preoccupazione neanche per la situazione della più ampia azienda in cui la sua Roma si troverà ad operare: il paese Italia: “C’è un genere di affari qui che sembra capace di sopravvivere a dispetto di quello che accade nel resto del mondo. Mi riferisco al turismo, all’industria del vino, a tutto quello che produce gioia e diverte la gente, come il calcio. La mia sfida imprenditoriale è trasformare i clienti affascinati dalla città in tifosi di calcio. Per arrivare a questo dobbiamo concentrarci sul marchio e svilupparlo, naturalmente a partire dalle vittorie in campo“. Su questo punto, DiBenedetto non tratta: “Di sicuro bisogna incominciare a vincere e il nostro staff, con Luis Enrique, Franco Baldini e Walter Sabatini, è in grado di farlo. Poi, come dicevo, è fondamentale sviluppare il marchio attraverso il Web. Dagli Stati Uniti abbiamo portato a Roma gente con profonde radici italiane per investire sui social media e nel marketing di Internet. Una cosa è avere un’idea, e io ne ho molte. Un’altra cosa è avere le persone per metterla in pratica“.
“STADIO ENTRO IL 2012? SPERIAMO” – Elementi utili a far quadrare i conti del club, trovato in difficoltà e alle prese con una esasperata sperequazione tra costi e ricavi. A causa, anche degli elevati stipendi dei giocatori, “una percentuale molto alta del bilancio“. Su questo, il businessman di Boston sa già come muoversi: “Il problema vero è: troppo alti i salari o troppo bassi i ricavi? La priorità dei club italiani è aumentare le entrate perché il mercato dei giocatori è un mercato internazionale e i prezzi li fa il mercato“. E allora, diventa indispensabile aumentare gli incassi della società. Per questo, tra i punti principali del progetto Usa resta la realizzazione di uno stadio di proprietà della Roma. Di questo, DiBenedetto ha recentemente parlato con il Sindaco Alemanno: “Abbiamo avuto una discussione molto propositiva. Il sindaco è totalmente al nostro fianco e adesso stiamo valutando le opzioni sulle diverse aree. Ci sono vari ‘developers’ locali che hanno espresso il loro interesse ad essere coinvolti con l’As Roma nell’operazione. Speriamo di incominciare presto e di essere i prossimi sulla strada che ha aperto la Juventus con grande successo“. C’è chi, forse con troppo ottimismo, ha indicato nel 2012 un termine per la posa della prima pietra: “Noi speriamo proprio di sì – ammette l’americano – ma bisognerà che ci sia la collaborazione di tutte le forze politiche“. A partire dal premier: “Silvio Berlusconi ha avuto una carriera imprenditoriale di enorme successo – ricorda – ed è stato il premier più longevo al governo. Per ottenere questi risultati ci vuole un individuo di grande talento. Sfortunatamente, adesso è alle prese con altri argomenti. E qui mi fermo“. Meglio, forse, pensare a Roma-Atalanta.
OUT PERROTTA, LAMELA SI CANDIDA – Sabato all’Olimpico, Luis Enrique cercherà, dopo il successo a Parma, i primi tre punti interni. Senza, però, poter contare su Perrotta: il centrocampista resterà fuori per la distorsione alla caviglia rimediata ieri in allenamento. Al suo posto, quasi certo il rientro di Pizarro, e il recupero dal lieve fastidio di De Rossi, tenuto precauzionalmente a riposo oggi. Prova invece a candidarsi Lamela, che sul proprio twitter giura: “la caviglia sta molto meglio, mi sto allenando in questi giorni“. Ciò nonostante, però, probabile che Luis scelga di tenerlo a risposo almeno fino al derby, sfruttando le due settimane a disposizione. Un tempo utile anche a Stekelenburg, per evitare rischi inutile dopo il colpo alla testa rimediato con l’Inter.
Repubblica.it – M. Pinci