Il Messaggero (A.Angeloni) – Stefano Pioli si gode Leao e gli altri, Mou aspetta Dybala e il miglior Lukaku. Il Milan è di più, la Roma è un cantiere, con calciatori fragili, ritardatari e ancora da assemblare. Finisce con l’ovvio: vittoria dei rossoneri, un gol per tempo (Giroud e Leao, nel finale Spinazzola). Doveva passare la nottata prima della sosta, ma è ancora buio. Il Milan vola a più otto dai giallorossi, la Roma chiude questo mini-ciclo di partite con un solo punto. Il suo campionato deve cominciare, questa partenza forse non se l’aspettava nemmeno Mou, che ha vissuto un’estate turbolenta e un ultimo periodo di (apparente) serenità. Lukaku c’è e gioca una ventina di minuti, e la scossa la dà. Qualcosa si intravede, almeno si intuisce (si spera) che forse su di lui il tecnico possa impostare una squadra vera: la Champions non può sfuggire, serve Romelu e anche Dybala, che in tre partite ne ha gioca-ta mezza. E i nuovi? Tutti da rivedere in corsa.
La partenza della Roma è lenta. Celik salva su Loftus-Cheek, ma l’intervento è inutile perché, grazie alla chiamata del Var (Irrati), l’arbitro Rapuano scorge un tocco di Rui sull’inglese. Il rigore viene concesso, Mou, tornato in panchina dopo la squalifica, sussurra (eufemismo) un bel «vergogna». La partita, insomma, comincia male per la Roma: il Milan che è già forte di suo, si ritrova davanti dopo appena dieci minuti, quasi al primo affondo. Cade il castello di Mou, che aveva studiato la partita con la marcatura quasi a uomo di Celik su Leao e un’attesa del nemico dal fortino, un po’ come lo scorso anno. Oltre a Dybala, non c’è Pellegrini, dato non al meglio, e dietro alla coppia ElSha-Belotti, spesso agisce Aouar.
Lukaku è in panchina, si farà sentire dopo. Paredes tiene il centrocampo insieme con Cristante, ma là in mezzo si corre tanto e si crea poco. A differenza di altre volte, la Roma aspetta e – quando le viene concesso – tenta la ripartenza. Ma nel primo tempo resce poco e niente. L’affare si complica ancora di più quando, alla mezz’ora, Aouar è costretto a uscire per noie muscolari (e in casa Roma non finiscono mai): al suo posto Pellegrini.
Il Milan ha più qualità, gioca sul tappeto, Pioli piazza Calabria (o Theo), in fase di possesso, in mediana, con il risultato che il pallone gira meglio e li c’è sempre superiorità. Leao e Pulisic impegnano Celik e Zalewski, ma di palloni giocabili per Giroud se ne vedono pochi, nonostante qualche indecisione di Smalling. Infatti i tiri in porta sono solo 2 contro zero, mentre il possesso rossonero arriva quasi al 70 per cento. Con l’uscita di Aouar, in campo c’è la Roma dello scorso anno, senza Dybala e Abraham e con Celik-Llorente, quindi la Roma 2, che è arrivata settima. Mentre il
Milan viaggia con i nuovi Loftus-Cheek, Reijnders (ieri un po’ in ombra) e Pulisc, che sono già al centro del progetto tecnico. La differenza è tutta qui. Mou combatte, invano, per avere tutti a disposizio ne (in più ci si sono messi gli infortuni e un Lukaku appena arrivato), Pioli ha lavorato con il gruppo inte ro quasi da subito. Se il primo tempo parte in salita, l’inizio ripresa sembra la scalata dello Zoncolan: Leao mette sull’angolino di Rui un cross pennellato di Calabria. Celik lo marca a vista, il portoghese sorride prima e dopo aver servito il raddoppio, dopo appena due minuti della ripresa.
Il turco appare inadeguato, anche quando gli arriva addosso Theo. La Roma non reagisce subito, aspetta Lukaku. Nessuno trova uno spunto degno, e lì davanti le punte combattono senza avere chance di rendersi pericolose. Beotti fa espellere Tomori e l’ultima mezzora, dieci contro undici, qualcosa in più si vede, almeno torna l’orgoglio. Il primo tiro della Roma arriva al minuto 69, con ElSha, Mainan non ha problemi. Pioli non rinuncia ai quattro difensori e rischia, togliendo uno dei migliori, Loftus-Cheek, per inserire Kalulu.
Rischia anche Mou, inserendo Lu-kaku, con due allenamenti con la nuova squadra, a venti dalla fine (un tiro e un giallo subito), insieme con Spinazzola e Bove. Il belga ci prova dal limite, palla alta, ma l”Olimpico impazzisce. Vede qualcosa, almeno per il futuro. Spinazzola segna a pochi minuti dalla fine. L’arrembaggio è lieve ma emozionante. Ma non basta.