Dalla Primavera alla titolarità in prima squadra. Nicola Zalewski ha rilasciato un’intervista a Sportweek, parlando della soddisfazione per la vittoria della Conference League con la Roma, della nazionale polacca e del suo futuro. Queste le sue parole:
Nicola, sei già un asso di Coppa.
Se mi avessero chiesto un sogno, avrei detto: vincere un trofeo internazionale giocando da titolare.
Pensando alla stagione, che cosa ti viene in mente?
Tante cose. L’occasione che mi ha dato Mourinho, il lavoro fatto per adattarmi a terzino, cioè in un ruolo che non è il mio naturale, l’emozione di una finale in cui posso essere sembrato timido, per quanta pressione avevo addosso. E poi per mille motivi extracampo che hanno reso questa annata molto particolare.
La storia della tua famiglia non è stata semplice. Soprattutto ai tempi del crollo del Muro di Berlino.
Confesso che non mi sono mai voluto informare più di tanto, ma so che mio padre Krzysztof fuggì dalla Polonia nel 1989 per evitare i due anni di servizio militare. Prese questa decisione perché aveva capito che c’era bisogno di dare una svolta alla vita di tutti. Così venne in Italia e l’anno successivo fu raggiunto dalla famiglia.
Krzysztof è morto lo scorso anno: era malato da tempo, vero?
È stato un percorso. Piano piano i dottori ci hanno iniziato a far capire che la situazione non stava migliorando. La sua morte non è stata improvvisa. Io in particolare mi ero preparato al peggio. Questa esperienza purtroppo mi ha aiutato a crescere. È successo circa un mese dopo l’esordio in nazionale. Almeno ha fatto in tempo ad avere quella gioia.
Torniamo alla nazionale. Visto che sei nato in Italia, quella azzurra ti ha mai cercato davvero?
Diciamo che ero venuto a sapere di un interessamento, ma non è mai arrivata una chiamata ufficiale.
Qualcuno dice che tu abbia scelto la Polonia perché l’Italia non va al Mondiale.
Non è vero. La nazionale polacca mi ha chiamato sin dall’Under 15. Per rispetto nei loro confronti e della mia famiglia non ho mai avuto dubbi.
Ti ha emozionato conoscere Lewandowski?
Molto, ma mi ha messo subito a mio agio, è venuto a parlarmi, mi ha abbracciato. È stato molto bello.
Ci sono due figure iconiche della Roma che hanno a che fare con te: Bruno Conti e Boniek.
Chi mi ha scoperto è stato Stefano Palmieri, poi Conti mi ha fatto firmare con la Roma. Con Boniek abbiamo un rapporto quasi familiare, quando ci sentiamo non parliamo solo di calcio. Aveva un ottimo rapporto con papà.
Alcuni dicono che tu somigli a Iniesta…
Io non ho mai avuto miti calcistici, ma è un paragone grande. Se parliamo del ruolo, però, magari fare la mezzala di centrocampo non mi dispiacerebbe. Anche il mio amico Lorenzo Pellegrini dice che potrei giocare nel suo ruolo.
Con Mourinho, che ti chiama il ‘Bambino’, che rapporto hai?
Un rapporto normale tra tecnico e giocatore. Niente di più e niente di meno.
Prima della tua lievitazione calcistica, sei salito alla ribalta anche per un video poco bello su Instagram fatto insieme a un rapper.
Non è stata una situazione piacevole. Le persone che mi sono vicino mi hanno fatto capire quello che è meglio per me e il discorso è stato chiuso subito. È un’esperienza che mi ha aiutato a capire che nella vita ti devi circondare di gente che ti vuole bene. Non ho mai avuto più a che fare con quella persona, era una conoscenza occasionale.
Come vedi il tuo futuro?
Spero pieno di soddisfazioni, anche perché a Roma sto bene. Ma ora penso solo alla nazionale. Visto che vado di corsa, provo anche ad andare al Mondiale, no?