Corriere dello Sport (F.M. Splendore) – Ha talento Nicola, da quel punto di vista qualcuno dice così non ce ne sono tanti altri a Trigoria. Poi il talento è anche una brutta bestia. Devi educarlo per capire dove ti porta. E può portarti tanto in alto se sei bravo ad educarlo. Se ascolti, impari. Ecco, è esattamente quello che Nicola Zalewski sta facendo. E allora, prima di entrare in campo, creiamo l’atmosfera…
Stadio Olimpico, l’inno di Venditti risuona in quel minuto che diventa interminabile quando a seguire il coro sono i tifosi intorno. La società giallorossa ha vinto una battaglia per tutti credendoci. Mourinho lo voleva, Tiago Pinto lo ha sostenuto in tutte le seduti. Dal campo tutto questo come è?
Favoloso. Io mentre mi scaldo nella testa me lo canto. E quando la musica si ferma e prosegue il coro della gente è da brividi. Una emozione unica. Ma io non faccio testo: dalla panchina seguo anche i cori della Curva. Tutti.
Cominciamo da Mourinho. Cosa vuol dire avere l’allenatore del Triplete nerazzurro, dei mercati milionari e dei campioni, per poi scoprire che la carta d’identità non conta se sei bravo. E allora giocano anche Zalewski, Felix, Missori, Bove. Quindi?
Dovrebbe essere la normalità dare un’opportunità a uno bravo anche se è giovane. Ecco, Mourinho lo fa. Dal primo mi ha parlato, ci ha parlato, dicendo che se avessimo meritato avremmo avuto il nostro spazio e spingendo sugli atteggiamenti in campo e fuori sulle motivazioni: trattandoci da calciatori, non da giovani calciatori. E forse questo fa la differenza, ti fa crescere.
Giovedì sei partito da esterno sinistro alto e poi il tecnico ti ha accentrato da mezzala. Qual è il tuo ruolo?
Quello che mi chiede il tecnico. Io esterno sinistro alto, mezzala sinistra, trequarti, mi adatto: è lui che mi ha detto di essere pronto a cambiare. Poi se devo dire il ruolo in cui mi trovo più a mio agio è quello da esterno sinistro alto.
6 maggio 2021, esordio assoluto in giallorosso, nella semifinale di ritorno di Europa League con lo United. L’azione che procura l’autogol di Telles e una vittoria che sarà inutile, ma te non la avrai dimenticata. Che emozione è stata?
Una bella emozione, sono entrato libero mentalmente perché non avevamo nulla da perdere. C’era un po’ di ansia, questo sì.
C’era Fonseca. Differenze rispetto a Mourinho?
Non saprei identificarle, non ho vissuto molto Fonseca per poterli paragonare. Posso dire che Mourinho ti sprona, ti motiva, ti chiede sempre qualcosa in più.
Perché la nazionale polacca e non l’Italia?
Perché io mi sento polacco.
C’è un episodio di inizio ottobre, un video diventato virale che ti ha procurato qualche guaio. Da allora è cambiato il tuo rapporto con i social?
Intanto devo ringraziare la società che quell’episodio lo ha risolto in un attimo. Penso di essere maturato molto dopo quel fatto: l’importante è stare attenti alla gente che ti circonda e non solo a te stesso. Il mio problema, in quella situazione, è stato questo.
Con Lorenzo Pellegrini ti unisce anche lo stesso manager, la stessa società di gestione. Che rapporto avete, che capitano è?
Con Lorenzo ho un buonissimo rapporto. Ma lui lo ha con tutti, perché è una persona eccezionale oltre che un grande capitano. L’atteggiamento che ha è sempre lo stesso, anche quando non gioca: nello spogliatoio lo senti e usa sempre le parole giuste. Il ruolo di capitano ce l’ha cucito addosso.
Quanto è forte Felix? Tu lo conosci dalla Primavera, gli hai fatto anche tre assist.
Tanto. E poi è spensierato. Si è visto a Genoa, se entra a 20 minuti dalla fine può essere devastante. In Primavera era proprio di un’altra categoria.
Siete parecchi, da questa Primavera, ad essere saliti. Tutti “figli” di Alberto De Rossi.
Ho imparato tanto da ogni mister che ho avuto, certo è che De Rossi è stato determinante negli ultimi due anni, quelli che ti dicono se puoi fare il salto: mi ha aiutato a interpretare più ruoli.
Come sei arrivato alla Roma?
A 9 anni, giocavo a Poli, poi a Zagarolo, feci un provino con la Tor Tre Teste e credevo fosse tutto fatto. E invece arrivò la Roma: mi hanno detto che Stefano Palmieri (uno degli uomini di fiducia di Bruno Conti, allora responsabile del settore giovanile) era venuto a un torneo. Tutto è iniziato così.
C’è la Roma nel futuro di Zalewski?
Io questa maglia in prima squadra la sognavo da bambino. Poi so che le cose si fanno sempre in due. Dovrà volerlo anche la Roma, oltre me.