La Gazzetta dello Sport (G.B. Olivero) – Quest’imprevedibile campionato si regala un’altra volata di grande fascino. E se la Serie A non è più da tempo il torneo più bello del mondo, adesso è forse il più divertente perché a due giornate dalla fine non c’è ancora il vincitore dello scudetto, non c’è nessuna squadra retrocessa matematicamente e ci sono quattro formazioni in lizza per i tre posti dell’Europa minore, ossia quelli fuori dalla Champions.
Battendo una Roma svagata e probabilmente priva di energie psicofisiche dopo la vittoria con il Leicester, la Fiorentina agguanta i giallorossi e l’Atalanta a quota 59 mentre la Lazio è tre scalini più su. Difficile fare un pronostico: Sarri è avvantaggiato dalla classifica, Gasperini è penalizzato dagli scontri diretti, Mourinho ha il jolly della finale di Conference (un successo promuoverebbe i giallorossi in Europa League), Italiano è trascinato dall’entusiasmo del popolo viola. Oggi la Roma sarebbe sesta davanti a Fiorentina (per differenza reti) e Atalanta (per gli scontri diretti), ma è inutile fare i calcoli, perché questo campionato ci ha insegnato che tutto può cambiare in un attimo.
Ieri, ad esempio, la Roma ha pagato all’improvviso le fatiche di coppa. Non si spiega altrimenti l’approccio molle e distratto che ha compromesso la partita nei primi 11 minuti. D’altronde la Roma già nel corso della stagione ha dimostrato di non poter prescindere dall’atteggiamento giusto, da un’attenzione feroce, da una condizione fisica adeguata: senza queste tre componenti è una squadra normale, soprattutto quando viene aggredita dall’avversario che toglie aria e campo ai suoi centrocampisti. Ieri la Roma non ha mai trovato il tempo e gli spazi per organizzare la manovra: la palla non scorreva mai.
I giallorossi hanno tirato nello specchio una volta sola con Pellegrini su punizione e hanno sfiorato il gol anche con un colpo di testa del solito Abraham: una produzione offensiva scarna. L’inglese avrebbe bisogno di tirare il fiato, ma Mourinho non può permettersi di gestirlo perché il paradosso della Roma è che, pur disputando una finale di coppa, rischia di non avere il timbro sul passaporto nella prossima stagione. La prestazione di Firenze è stata talmente scialba da finire direttamente sul conto della battaglia con il Leicester. I viola arrivavano sempre prima sul pallone, vincevano i contrasti, attaccavano con determinazione.