Il Messaggero (M. Ferretti) – Reduce dalla vittoria casalinga contro l’Udinese, reti di Batistuta e Totti (che s’era permesso addirittura il lusso di tirare sul palo un calcio di rigore), la sera del 17 dicembre del 2000 la Roma va a giocare e a vincere (0-1) in casa della Lazio campione d’Italia. Era una Roma, quella del presidente Franco Sensi e dell’allenatore Fabio Capello, costruita per scucire lo scudetto dalle maglie biancocelesti e che, per questo, in estate aveva speso un sacco di soldi sul mercato, arrivando a prendere Gabriel Batistuta dalla Fiorentina. Una Roma che, nelle prime dieci giornate, aveva collezionato 25 punti, che le avevano garantito il primo posto in classifica. Con un vantaggio di sei punti sulla Juventus e sette sulla Lazio di Sven Goran Eriksson. «Eravamo un gruppo forte e affiatato», ricorda oggi Vincent Candela, uno degli undici titolari schierati in quel derby da Capello. «La Roma aveva idee chiare e da una partita delicata come il derby voleva trarre ulteriori certezze della propria forza. Noi eravamo convinti di poter recitare un ruolo da leader in campionato, ma ci serviva una vittoria importante per andare avanti con fiducia».
«DUE SQUADRE DI CAMPIONI» – Candela non si fa pregare per riempire di elogi gli avversari. «La Lazio in quel periodo aveva giocatori straordinari e, non a caso, l’anno precedente aveva vinto lo scudetto. Noi della Roma, però, ricordando anche il successo nel derby del girone d’andata del campionato precedente, doppiette di Montella e Delvecchio, un derby durato mezzora, “sentivamo” di poter vincere la partita. Che fu molto combattuta, equilibrata fin quando…».Vincent si ferma. Prende un attimo fiato, poi riparte. «Fin quando Paolo Negro non segnò l’autorete. Negro uno di noi, ricordate gli sfottò dei tifosi? Sei anni dopo io ho giocato a Siena insieme a Paolo, bravissimo ragazzo e tifosissimo della Lazio, e quando volevo farlo arrabbiare gli canticchiavo il motivetto: “Uno di noi, Negro uno di noi…”. Lui rosicava, ovviamente. Come non capirlo? Fare un autogol in un derby che a fine campionato sarebbe risultato decisivo per il nostro scudetto deve essere stata una cosa veramente atroce».
«AH, VINCENZINO…» – Derby indimenticabile, dice Candela, ormai cittadino romano. Non dice, però, che quella del 17 dicembre del 2000 è la sua stracittadina preferita. Nella sua hit parade ci sono altre sfide. «In testa a tutti, metto il derby del 5-1, con i quattro gol di Montella. E subito dopo quello che ho citato prima, 4-1 con partita chiusa dopo mezzora. In ogni caso, erano davvero altri tempi, altro calcio, altri derby… Quello di lunedì sarà determinante per la classifica finale, non soltanto per il primato cittadino, ma ho la sensazione che con il passare degli anni si sia un po’ perso il sapore dei derby di una volta. Quando ancora si poteva giocare la sera, quando l’Olimpico era pieno pieno di tifosi e, se permettete, quando in campo – da una parte e dall’altra – c’erano un sacco di campioni. Visto che lunedì la Roma giocherà in trasferta come quel 17 dicembre, spero che il risultato sarà lo stesso. Vi do la mia parola che mi andrebbe bene vincere anche senza un autogol. Certo, se…».
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