Novanta minuti, la durata di una partita, per fissare un impegno comune, stavolta con l’aiuto di tutti: «Mai più giocatori a capo chino dagli ultrà. Inseriamo una norma nel codice di giustizia sportiva che lo vieti». È questo il risultato – straordinario se verrà confermato – della riunione convocata ieri dall’Osservatorio sulle manifestazioni sportive, durata un’ora e mezzo, necessaria a fare chiarezza su un «malcostume ormai inaccettabile», come lo ha definito il Viminale. Presenti i rappresentanti di Coni (Nepi), Figc, Lega di A (Lotito e Brunelli), Associazione calciatori (Tommasi e De Sanctis, che con le sue affermazioni di due giorni fa aveva ribadito il problema), e ovviamente i dirigenti della Roma, col d.g. Mauro Baldissoni in testa, suo malgrado la pietra dello scandalo per i fatti di giovedì dopo il k.o. «Noi abbiamo già chiarito ai nostri calciatori che l’episodio della scorsa settimana non dovrà più ripetersi, e infatti a Cesena è stato evitato», ha comunicato il club giallorosso. Da notare poi la punzecchiata, in mattinata, giunta dal d.g. juventino Marotta: «De Sanctis dice che i giocatori si sentono lasciati soli? Forse si riferisce alla sua società»
TUTELARE I CALCIATORI Ma la disponibilità della Roma ha trovato conferma nella sensibilità all’argomento riscontrata in tutte le componenti, per una volta d’accordo su tre concetti fondamentali. Primo: la questione non è locale ma nazionale. Per questo Tommasi ha buon gioco nel dire: «Purtroppo sono cose spesso e volentieri solo italiane». Nell’ultima giornata, solo tra B e C, l’Osservatorio ha contato tre episodi disdicevoli: giocatori del Brescia convocati sotto il settore dagli ultrà; pullman del Pisa violato dai tifosi; chiarimento chiesto dai sostenitori della Ternana. Da qui l’esigenza di mettere mano al Codice di giustizia sportiva e introdurre «una norma – spiegano dal Viminale – che preveda una sanzione per episodi simili». Ora toccherà alle istituzioni sportive stabilire come, dove e quando operare. Intanto, l’altro concetto emerso riguarda i giocatori, riconosciuti vittime, non artefici di queste situazioni, come chiesto da Tommasi e De Sanctis. Le parole del portiere, a detta delle autorità, hanno rivelato tutto il disorientamento dei calciatori. «In assenza di indicazioni, noi pensavamo che questo fosse il male minore», ha detto. Tra l’altro, è stato ricordato come a volte sono le stesse forze dell’ordine a consigliare ai giocatori «contatti», per evitare guai maggiori. Non a caso, ad ottobre, lo stesso De Sanctis aveva raccontato: «Quanto ero al Napoli, a volte la Digos mi ha obbligato a parlare con gli ultrà». Ecco dove nasce l’esigenza di normare una zona ancora grigia, e questo potrebbe avvenire entro la stagione in corso. «Siamo soddisfatti – ha dichiarato il vicepresidente dell’Osservatorio Roberto Massucci, uno dei promotori della riunione –, sia per la sensibilità dimostrata dal calcio, sia per aver raggiunto un’intesa di massima. Ci auguriamo sia solo l’inizio di un percorso che ci fornisca gli strumenti per tutelare i calciatori». In fondo è quanto si auguravano ancor prima della riunione il presidente federale Carlo Tavecchio («Trovo sconveniente che una squadra vada a trattare con delle persone appese alle tribune», aveva detto in mattinata) e il numero uno del Coni, Giovanni Malagò: «Sono le istituzioni del calcio che devono dare le giuste indicazioni sulla base anche di cosa dicono le normative sull’ordine pubblico». Detto, fatto. Almeno nelle intenzioni.
La Gazzetta dello Sport – A. Catapano/M. Cecchini