Pagine Romaniste (F.Belli) – Un famoso motivatore diceva: “Sii saldo nelle tue decisioni ma rimani flessibile nel tuo approccio”. Cosi era Fulvio Bernardini, un uomo così flessibile da non poter essere spezzato in alcun modo. Un tuttofare, sia nella vita che in campo: dirigente, calciatore, impiegato sono solo alcune delle professioni che ha intrapreso negli anni. Di origine aristocratica ma con un amore profondo per il calcio, inizia a muovere i primi passi a grandi livelli da portiere nella Lazio, esordendo a 14 anni. Un età storica dove della Roma ancora non vi è traccia, se non nella Toponomastica. Firma coi capitolini nel 1928 e vi resterà per 11 anni, costituendo con Attilio Ferraris IV una coppia di centrocampo formidabile riconosciuta dai tifosi come la più “testaccina” di sempre. Fu anche il primo giocatore di una squadra non settentrionale a essere convocato in Nazionale, non disputando però i mondiali del 1934 e del 1938. Il perché l’ha spiegato il diretto interessato in un’intervista a Mario Sconcerti. L’aneddoto è legato a una vigilia di una gara della Nazionale, dove il ct azzurro Vittorio Pozzo avvicinandosi con faccia cupa gli disse: “Vede Bernardini, lei gioca attualmente in modo superiore; in modo perfetto dal punto di vista della prestazione individuale. Gli altri non possono arrivare alla concezione che lei ha del gioco e finiscono per trovarsi in soggezione, dovrei chiederle di giocare meno bene. Sacrificare lei o sacrificare tutti gli altri? Lei come si regolerebbe al mio posto?”. Insomma, un atipico caso di esclusione per manifesta superiorità.
Dopo il ritiro e il doppio a tennis contro “sua eccellenza”
Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo è diventato reggente della FIGC in tempo di guerra e successivamente allenatore, compiendo due imprese sportive vincendo campionati con Fiorentina e Bologna. Chiamato anche il “dottore” per la laurea in scienze economiche, a lui è dedicato il centro sportivo della Roma a Trigoria. Rimase fuori dalla politica negli anni bui e difficili del fascismo anche se amava ricordare di quando, intasato nel traffico di Piazza Venezia, sorpassò furibondo una Astura entrandoci anche in contatto. Qualche ora dopo fu raggiunto a casa dalla polizia, scoprendo che a bordo di quella macchina c’era il Duce Benito Mussolini, che si stava dirigendo alla stazione Termini per un incontro col premier francese Lavai. Era difficile riottenere la patente ma alla fine il dottore è riuscito anche in quest’impresa. Fu però costretto a disputare un doppio a tennis a Villa Torlonia contro “sua eccellenza”, ovviamente perdendo. Fulvio Bernardini è stato sicuramente un genio del calcio, anche perché come diceva Schonberg la differenza tra il talento e il genio è che il primo impara, il secondo evolve. La vita del dottore, in ogni ambito, è stata una continua evoluzione.