Verdolini, tifoso storico: «Testaccio una bolgia»

Corriere dello Sport (G.D’Ubaldo) – «Io andavo al Campo Testaccio quando ero ancora nel grembo di mia madre. Aspettava due gemelli e quando le staccavano il biglietto le dicevano: “Signò, ma che vole partorì qui?”. “Magari”, la risposta di mia madre, che a forza di andare a vedere partite con il pancione fu soprannominata la signora Magari». Adriano Verdolini è un romanista vero. Una vita in giallorosso, la memoria storica della Roma. Conserva cimeli, giornali dell’epoca. Oggi ha 81 anni e ancora abita fieramente nel palazzo in piazza del Colosseo. «Sono nato lì e lì nacque anche mia madre, Maria Pecchioli, nel 1897». Con il padre Marzio, autenticamente romano da molte generazioni, ha condiviso la forte passione per il calcio e per la Roma, che a sua volta ha trasferito al figlio Alessandro. «Penso di essere diventato romanista al Campo Testaccio, attraverso il cordone ombelicale di mia madre, una tifosa ardente».

SUI RUDERI – Ha cominciato a vedere le partite della Roma da bambino a Testaccio. «Mio padre mi raccontava tanti aneddoti. Mi raccontava del grande Fuffo Bernardini, che è stato anche a casa nostra. Quello stadio diventava una bolgia quando tutti i tifosi battevano i piedi sulle tribune di legno verniciate di giallo e rosso. Un’usanza che è proseguita anche all’Olimpico fino a qualche anno fa. Ma battere i piedi sul marmo è diverso… Al Campo Testaccio i giocatori sentivano il fiato dei tifosi sul collo. Non è un caso che quel record sia durato così a lungo. Quando era tutto pieno alcuni tifosi temerari salivano sui ruderi dell’Acquedotto, a ridosso del cimitero dei protestanti. Per tutta la partita si intonavano i cori tradizionali, c’era la canzona di Testaccio. Masetti aveva qualche atteggiamento particolarmente simpatico, era scherzoso, un mattacchione anche durante le partite. Bernardini invece era un gran signore». In quel campo la Roma ha costruito i suoi primi record. «Mio padre mi raccontava sempre di quel Roma-Juventus finito 5-0, gli spalti erano strapieni, le strade intasate dalle prime automobili, anche se al Campo Testaccio si poteva arrivare con la Circolare rossa e il 5. Andavano anche molte donne e anche attrici del tempo».

NOSTALGIA – Il professor Verdolini è andato in pensione da 19 anni ma ancora insegna Scienza della Politica e Sociologia all’Università La Sapienza di Roma. Ha una grande nostalgia di Campo Testaccio: «Ci sono tornato quando lo stavano demolendo con mio padre, una grande tristezza. Poi continuavamo ad andare a vedere la Roma allo Stadio Nazionale, l’attuale Flaminio. Il primo incontro che mi è rimasto impresso è stato un Roma-Ambrosiana finito 6-0, e subito dopo l’ultima partita di quel campionato contro il Modena fu una festa». La passione per la Roma non si consumava solo allo stadio: «A piazza del Colosseo ho vissuto il primo momento di grande tifo. Il bar Montanari era un ritrovo di romanisti. Il mitico Memmo, il titolare, è stato il primo capo tifoso. Il bar esiste ancora e si chiama Martini e Rossi. Lì si realizzò la fiaccola giallorossa e nacque “Il giallorosso”, un foglio da distribuire allo stadio su carta gialla e la testata scritta in rosso. Purtroppo venne fuori nel 1950, quando le cose non andavano bene. Quel giornale cercava di riproporre Bernardini alla guida della Roma, dopo che la squadra con tanti giovani nel 1949-50 non era andata bene. La società non era all’altezza di competere con le squadre del Nord. Dopo le partite veniva diffuso anche alla Galleria Colonna e dava spunti di discussione. In quel bar convenivano tifosi da tutte le zone di Roma, era l’epicentro del tifo, un vero covo».

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