Vantaggi e rischi. Tutte le risposte

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Il Corriere Dello Sport (M.Evangelisti) – 1. Ma è proprio indispensabile per un club ambizioso avere uno stadio da gestire in proprio? In Italia, dove il calcio è finanziato essenzialmente dai diritti televisivi, si ritiene ancora di no. All’estero forse sono meno fantasiosi e, quella dello stadio di proprietà, è un’idea fissa. Peraltro le 13 squadre più ricche del mondo hanno tutte una bella casa da mostrare agli invitati. E investono continuamente in migliorie. Da noi la Juventus ha anticipato tutti, e non è una novità, aprendo lo Stadium nel 2011. Sarà un caso, ma il fatturato del club allora era di circa 150 milioni e adesso sfiora i 350. C’è dietro prestigio, accortezza tecnica, abilità di gestione, risultati. Ma lo stadio conta e alla Juve non lo negano affatto. Gli introiti annuali legati alle partite casalinghe sono passati, pronti via, dai poco più di 10 milioni del 2010-11 a 26,3 nella stagione successiva. Oggi siamo ai 51,5 certificati dagli specialisti di Deloitte. Calcolando anche i ricavi indiretti (ristoranti, zone premier, eventi ospitati) la stima diventa di 55 milioni contro i 14, più o meno, del 2011. E’ come avere una Champions League garantita tutti gli anni senza neppure il bisogno di qualificarsi.

2. Dunque, senza stadio non c’è futuro?
Sarebbe sbagliato, in primo luogo da parte del club, porre la questione in questo modo. La Roma alla fine della stagione 2014-15 era al 16º posto nella graduatoria delle società più abbienti con 180,4 milioni di ricavi. Il piazzamento potrebbe essere ancora migliore per l’ultima annata agonistica, dato che gli introiti hanno superato i 200 milioni. Dallo Stadio Olimpico il club aveva incassato 30,4 milioni il che non è niente male. E’ anche giusto sottolineare come nella stagione scorsa quella voce sarà stata probabilmente e nettamente erosa dalla protesta dei tifosi nei confronti delle misure di pubblica sicurezza e della stessa proprietà del club. Resta però il fatto che la Roma è una delle tre, massimo quattro squadre italiane meglio piazzate nella classifica dei flussi di denaro. Dunque lo stadio può essere considerato indispensabile per effettuare un autentico salto di qualità, però mantenere una rosa competitiva è comunque un dovere dell’attuale dirigenza. E’ anche possibile sfruttare meglio l’Olimpico, un impianto che lascia margini di manovra.

3. Quanto inciderebbe uno stadio di proprietà sul bilancio della Roma?
Il parallelo con la Juventus può venire utile per rispondere a questo interrogativo, ma le due situazioni non sarebbero necessariamente sovrapponibili. Anche per le dimensioni dei due impianti: 41.475 posti lo Stadium, 52.500 espandibili fino a 60.000 lo Stadio della Roma. Forse la stima è ottimistica, ma il club conta di aumentare i ricavi da stadio di 50-60 milioni all’anno. In questa somma andrebbe inserita anche la sponsorizzazione derivante dalla cessione dei diritti sul nome dell’impianto. Le possibilità di sfruttamento della nuova risorsa sono molteplici. Ci sono naturalmente i ricavi dei biglietti ma anche la possibilità di organizzare al meglio e su vasta scala la vendita di merchandise del club, le opportunità di partnership nelle varie aree, la cessione di posti privilegiati (palchi, settori riservati), l’affitto per concerti e spettacoli. Un ulteriore esempio: l’esposizione storica della Juventus presso lo Stadium ha superato i 700.000 visitatori dal momento dell’apertura ed è entrato tra i primi 50 musei italiani più frequentati.

4. Lo stadio sarà di proprietà della Roma?
Ecco, no. E questo è uno dei punti deboli del progetto, sin dall’inizio. Anche se la scelta di tenere il club fuori della fase realizzativa dello stadio risponde a una logica finanziaria: qualsiasi cosa andasse storta, la Roma potrebbe fingere di essere altrove. Lo stadio sarà di James Pallotta e la Roma ne avrebbe l’usufrutto esclusivo per trent’anni a partire dalla data di inaugurazione. Usufrutto non gratuito, ma neppure l’attuale accordo con il Coni per l’uso dell’Olimpico è a costo zero: vale quasi 3 milioni a stagione. Alla Roma andrebbero comunque tutti gli introiti direttamente riferibili allo stadio e alle strutture collegate, dai ristoranti ai negozi con il marchio del club. E Pallotta ha dovuto inserire nell’accordo con la precedente giunta comunale l’impegno a mantenere legate società As Roma e gestione dello stadio. Anche questo ha comunque una sua logica. Seppure Pallotta dovesse decidere di cedere la Roma, una cosa sarebbe vendere un titolo sportivo nudo e crudo, un’altra un’azienda con una sua sede operativa e fruttifera: lo stadio, appunto.

5. Allora in che senso lo stadio diventerebbe la casa della Roma?
Per Pallotta, come detto, è fondamentale per la crescita del prestigio nazionale e internazionale della Roma il fatto che il club disponga del suo stadio. Serve a impreziosire l’immagine della Roma, oltre che il suo appeal economico. Da questo punto di vista, l’identificazione tra squadra, tifo e impianto deve essere il più profonda possibile. Di qui la volontà di trasportare nell’area dello stadio di Tor di Valle anche le strutture per l’allenamento, la cosiddetta Nuova Trigoria. Sempre a Tor di Valle dovrebbe essere realizzata la sede definitiva del museo storico della Roma, ancora sulla falsariga di quanto ha fatto la Juventus. Uffici, campi, studi televisivi e radiofonici del club, comunicazione, tutto dovrà fare capo allo stadio. L’idea di portare i calciatori sul terreno di gioco su una piattaforma mobile, come fossero gladiatori al Colosseo, può essere considerata di dubbio gusto ma risponde alla stessa concezione di fondo. Così come le linee stesse dello stadio, disegnate dall’architetto specializzato Dan Meis. Se si farà, lo stadio sarà Casa Roma.

6. E tutto questo quando potrebbe diventare realtà?
Vai a saperlo. Ormai da un rinvio all’altro la vicenda dello stadio è vecchia quanto la stessa proprietà americana, il cui ingresso risale all’aprile 2011. La complessità dell’iniziativa, i rimbalzi politici, le stesse difficoltà oggettive che una città come Roma sempre propone hanno clamorosamente rallentato la marcia del nuovo stadio. Adesso c’è un nuovo e inatteso stallo che dovrebbe essere risolto, notare il condizionale, da un nuovo incontro tra gli uffici tecnici di Comune e Regione in questa settimana. La Conferenza dei Servizi, cioè l’analisi del progetto da parte della decina di enti che hanno voce in capitolo, non può durare per legge più di 180 giorni. In teoria. In pratica è ancora possibile un’interruzione, una soltanto, per eventuali richieste di approfondimento. Le previsioni della Roma naturalmente non subiscono modifiche e continuano incrollabili a indicare per la prima metà del 2017 l’inizio dei lavori e per l’estate del 2019 il completamento dello stadio, delle opere pubbliche necessarie e di un primo settore del business park.

7. Il business park? Che cosa sarebbe?
La vera chiave dell’operazione. Tutta una nuova realtà urbana dell’ampiezza di 12,5 ettari sui 180 complessivi dell’area di Tor di Valle, comprendente tre grattacieli, una vasta zona commerciale, uffici, ristoranti, aree pedonalizzate. Lo stadio rappresenta circa un nono dell’intera superficie occupata dalle opere previste. Ci sono anche 5 ettari di sistemazione architettonica in forma di piazza intorno allo stadio e 63 ettari di verde pubblico. Con 9.000 alberi e 11 chilometri di pista ciclabile. Ma è dalla cessione o dall’affitto delle zone del business park che Pallotta e i suoi compagni in quest’avventura immaginano di ricavare profitto e tanto per cominciare la giustificazione di un investimento privato pari a 1,7 miliardi di euro. Non c’è nulla di male, anzi è del tutto ragionevole che un’iniziativa imprenditoriale tanto vasta si ponga precisi obiettivi economici. Ma alla fine è proprio su questo aspetto della faccenda che si appuntano le critiche e le osservazioni di chi è contrario alla realizzazione del progetto.

8. Allora lo stadio interessa soltanto a Pallotta e ai tifosi della Roma.
E’ un modo di guardare alla questione. Però non la pensava a questo modo la precedente giunta comunale, quella guidata dal sindaco Ignazio Marino. E’ ancora in vigore, aspettando le decisioni della nuova amministrazione, quella delibera che sancisce l’interesse pubblico del progetto. In sede di Conferenza dei Servizi si dovrà stabilire se sia più utile prolungare fino a Tor di Valle la Metro B oppure rafforzare la ferrovia Roma Lido oppure ancora trovare altre formule per la mobilità. Sul tappeto anche l’ampliamento delle arterie stradali nella zona dello stadio, la realizzazione di un ponte pedonale e di uno per le auto, il già citato parco pubblico che dovrebbe essere al secondo posto per grandezza tra le molte aree verdi di Roma. Su 1,7 miliardi di investimenti 440 milioni andranno in infrastrutture pubbliche. Si prevede che nella zona di Tor d Valle andranno a lavorare in 20.000 per 500 milioni annui di stipendi e che nella fase di realizzazione delle opere verranno impiegate 4.000 persone. Questo, secondo chi propone il progetto, giustifica l’interesse pubblico.

9. E se alla fine l’area di Tor di Valle venisse ritenuta non idonea?
Sarebbe molto probabilmente il tramonto definitivo del progetto. Bisognerebbe far ripartire da capo l’intera fase progettuale, con tanto di rilevamenti idrogeologici. Tutti i disegni andrebbero rielaborati, si ricomincerebbe da zero con le opere pubbliche e con l’iter politico e amministrativo. Per questo la Roma non ha mai preso seriamente in considerazione l’ipotesi di Tor Vergata, che molti ritengono la sede migliore per il nuovo stadio. Tor di Valle, fa notare la società, è un’area scelta dagli esperti di Cushman & Wakefield in coda all’analisi di 80 siti. Bisogna anche tenere presente che al momento la zona sul quale sorgeva l’ippodromo e che adesso dovrebbe ospitare il nuovo stadio è in condizioni di abbandono, dunque la costruzione dell’impianto calcistico e delle opere collegate equivarrebbe a recuperare una porzione della città che attualmente costituisce un peso urbanistico. Non è detto, naturalmente, che il gioco valga la candela: questo va deciso dagli amministratori locali e dagli enti partecipanti alla Conferenza dei Servizi.

10. Quali sono i nodi che ancora rallentano la realizzazione del progetto?
Il Comune ha inviato alla Regione l’incartamento presentato dalla Roma e dai progettisti sottolineando diverse carenze e incompletezze. Riguardano essenzialmente risvolti tecnici ma pure la gestione dei rifiuti, gli eventuali effetti collaterali della realizzazione delle strutture previste (odori, consumo energetico, disboscamento anche temporaneo) e i meccanismi di cantierizzazione tipo il trasporto dei materiali e lo smaltimento del materiale di scavo. Sin qui, in teoria non c’è nulla che non possa essere affrontato in sede di Conferenza dei Servizi. Ma il vero problema è politico e riguarda la variante al piano regolatore che 300.000 metri quadrati di costruzione presumibilmente richiederanno. Su questo punto non c’è unanimità e se la variante si rivelasse necessaria allora servirebbe un nuovo passaggio per l’Assemblea Capitolina con tutte le incognite del caso. E si verificherebbe uno stop senza limiti di tempo alla Conferenza dei Servizi, che potrebbe riprendere solo una volta superato l’ostacolo. Ah, naturalmente Pallotta deve trovare il miliardo e sette di euro necessari. Ma questo aspetto sembra non preoccupare il club, che peraltro è privo di sponsor principale da tre stagioni.

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