Il Tempo (A.Austini) – Molto allenatore, poco manager. Abituato a prender spunti dal Carpi o dalla Fiorentina piuttosto che dal Barcellona. Un uomo di campo, in tutti i sensi, che in un mese ha rimesso in piedi la Roma finita in ginocchio. Luciano Spalletti si è rimesso al centro dell’universo giallorosso partendo dalle basi, badando molto al concreto e poco ai fronzoli. Lo stesso tipo di impatto dell’estate 2005, quando avviò la sua prima avventura a Trigoria all’insegna della «normalità». Stavolta ha trovato una squadra con più qualità e rinforzata dagli acquisti del mercato invernale, ma comunque da rigenerare sul piano mentale, atletico e tattico. Le quattro vittorie consecutive e la media punti di 2.16 in sei gare, con 11 gol segnati e 5 subiti, dicono che ha imboccato la strada giusta anche se il margine di crescita resta considerevole.
A differenza di Garcia, il toscano si è concentrato subito sugli aspetti squisitamente calcistici, negli ultimi tempi trascurati da Rudi che era diventato più attento alla logistica (pretendeva il ritiro in hotel anche in casa) rispetto alla cura degli allenamenti. Spalletti non si è neppure preso il tempo di sistemarsi in una casa – dorme e mangia tuttora a Trigoria – e sin dal primo giorno, supportato da uno staff di ben altro spessore rispetto a quello del francese, ha iniziato a plasmare la Roma a sua immagine e somiglianza. Con una ritrovata intensità nel lavoro e idee nuove: il modulo «camaleontico» in cui si alternano difesa a tre o a quattro a seconda delle fasi di gioco e delle caratteristiche dell’avversario, le posizioni intercambiabili dei giocatori, qualche intuizione da confermare vedi Pjanic regista o Nainggolan trequartista tattico, un lavoro psicologico sui senatori e non solo. Ha subito preso di petto Florenzi, affrontato a muso duro Gervinho prima che partisse, stimolato ai limiti della provocazione Maicon, obbligato Dzeko a cambiare i suoi movimenti e rimproverato ad alta voce chiunque sbagliasse qualcosa in campo o durante gli allenamenti.
Nel frattempo, Spalletti sta cercando di modificare alcune dinamiche interne ed esterne a Trigoria: vecchi mali con cui, prima o poi, si scontrano tutti gli allenatori della Roma senza mai trovare una soluzione definitiva. Ogni riferimento ai «topini» è puramente casuale. I giocatori hanno ripreso a credere in un percorso e ora possono guardare la classifica con ottimismo: male che va, stasera si ritroveranno quarti al ridosso della Champions. Intanto c’è da godersi il più possibile quella di quest’anno: mercoledì arriva il Real Madrid, «e noi ce l’andiamo a giocare, non restiamo a casa» ha annunciato il toscano, chiedendo poi ai tifosi di tornare vicini alla squadra all’Olimpico. Verrà subito accontentato: si va verso i 50mila spettatori, restano in vendita pochi posti in Distinti Nord e nelle tribune. La Curva Sud sarà piena, ma ancora senza tifo organizzato. Da Roma-Palermo in poi si capirà se l’inversione di tendenza c’è davvero stata: le istituzioni hanno aperto un piccolo varco, ora tocca agli ultras. Questo non dipende da Spalletti.