Corriere della Sera (L. Valdisseri) – La chiesa è ancora al centro del villaggio, anche se ogni tanto piove dal tetto e qualcuno si è portato via i quadri e gli ornamenti. Però il secondo posto, che la Roma ha saldato battendo la Lazio in un derby che è stato tutto tranne che un «biscotto», porterà 40/50 milioni di euro con cui si potrà costruire una cattedrale. O, almeno, provarci.
Come succede sempre nelle stracittadine, se da una parte si ride dall’altra si piange. La Lazio ha perso in cinque giorni la finale di Coppa Italia e il derby: adesso ha messo a rischio anche il terzo posto, che dovrà difendere a Napoli. Gli basta un pareggio, ma la squadra di Benitez avrà la forza di chi è stato rimesso in gioco quasi miracolosamente. La Lazio, per quello che ha fatto, non si meriterebbe di uscire dalla Champions, ma il calcio non è sempre giusto.
Giusta è stata, invece, la tattica che Rudi Garcia ha studiato in quello che è stato chiamato il «ritiro light». Ha aspettato con nove uomini dietro la palla per un’ora, il tempo logico perché la Lazio incominciasse a pagare la fatica della finale di Coppa Italia. I cambi sono stati incisivi: 1) Pjanic ha dato la qualità che Keita al 50% non poteva dare, entrando in tutti e due i gol; 2) Ibarbo ha sostituito Totti e permesso a Iturbe di andare a fare il centravanti, dalla nuova posizione dell’argentino è nato l’1-0; 3) la Roma ha giocato quindici metri più alta e, approfittando del calo della Lazio, ha creato in 20 minuti almeno quattro occasioni.
La Lazio, al contrario, non ha trovato il cambio di passo. Ha giocato sicuramente meglio nel primo tempo, ma poi, dopo aver trovato il pareggio con un’azione Klose-Djordjevic da calcio inglese, non ha difeso il pareggio che avrebbe comunque garantito il terzo posto. Difficile dire se sia stata presunzione oppure la giusta mentalità di una squadra che vuole ancora crescere.
Quello che è certo è che la Roma ha segnato, per una volta, da calcio piazzato e che gli eroi della serata sono stati un attaccante che fin qui aveva segnato un solo gol in campionato e un difensore che non segnava dal 22 ottobre 2011 (Caen-Montpellier 1-3). A suo modo, un simbolo: ieri la Roma è stata più applicazione che talento, più sofferenza che calcio champagne.
Come aveva scritto la curva sud su uno striscione «il secondo posto per noi è il minimo sindacale». Vero, ma a un certo punto era sembrato anche questo un risultato irraggiungibile ed è perciò che Garcia è stato tanto spigoloso alla vigilia: non pensava che una squadra, comunque seconda, meritasse tante critiche. E anche per questo che la festa dei giallorossi in campo è stata sfrenata. Totti e Florenzi, non a caso due romani, l’hanno celebrata con due t-shirt quasi sicuramente dedicate al presidente Lotito. Su quella di Totti c’era scritto: «Stai sempre a parlà, ora che te voi inventà. Game over». Su quella di Florenzi: «Rigiochiamo anche domani. Senza parole».
Il rinvio della gara al lunedì, anche se le squadre che giocano la Champions al mercoledì ritornano sempre in campo la domenica, alla fine si è trasformato in un boomerang per la Lazio e in una motivazione in più per la Roma.
Della polemica Pioli-Garcia è scritto altrove, così come dell’orrore degli accoltellati. In questa cronaca trovano posto i continui cori sul Vesuvio da parte delle due curve e i buu razzisti contro Yanga-Mbiwa della curva nord. In un derby che, continuando così, presto sarà giocato a porte chiuse, è bello che il gol decisivo sia arrivato proprio da Mapou. Un gol senza colore.