Corriere dello Sport Roma (G. D’Ubaldo) – È una Roma con Dybala e una senza Dybala, è stato così per tutta la stagione, fino alla finale di Europa League. Paulo è mancato tanto nell’ultima parte della stagione. Dall’8 aprile aveva giocato solo 131 minuti, la caviglia messa fuori uso da Palomino nella partita contro l’Atalanta e poi l’unico obiettivo di gio care la finale.
Mourinho lo ha schierato nella formazione titolare, è rimasto in campo 75 minuti, compreso l’interminabile recupero del primo tempo. Un gol straordinario che aveva spianato la strada alla Roma e aveva mandato in estasi i tifosi giallorossi che hanno riempito la Puskas Arena. Diciassettesima rete stagionale, un contributo fondamentale per arrivare a Budapest. Ma la Joya non è stato solo questo, perché ha aiutato la squadra a salire, a non subire la pressione, ha preso punizioni, ha impegnato la preoccupata difesa spagnola. Ma quando l’argentino ha cominciato ad accusare inevitabilmente la stanchezza il Siviglia ha preso il sopravvento e dalla fine del primo tempo è riuscito a farsi minaccioso. Ha trovato il pareggio all’inizio della ripresa con un autogol di Mancini, Dybala era già a corto d’ossigeno e pochi minuti dopo ha lasciato il campo, sostituito da Wijnaldum.
Nei supplementari è mancata la magia della Joya, Mourinho ha chiesto ai suoi giocatori di dare il massimo, ha ordinato di non abbassarsi troppo. Dybala ha continuato a giocare la sua partita dalla panchina, incitando i compagni. Dai supplementari ai rigori, un finale palpitante. Paulo fu decisivo nella finale mondiale in Qatar andando a segno dal dischetto contro la Francia. Mourinho, con la scelta di mandarlo in campo dall’inizio, sapendo di non poterlo avere per tutta la partita, si è precluso la possibilità di averlo nella lotteria dei rigori. Che alla fine ha condannato la Roma, con un’amarezza infinita e qualche rimpianto. E le tenere lacrime di di Paulo.