Il Messaggero (A. Angeloni) – Esce José Mourinho, entra Daniele De Rossi, come in una sliding door. Era il 16 gennaio, è passato un mese, 32 giorni oggi per la precisione. E’ andato via un uomo, portandosi via il cuore di tanti tifosi, è entrato un altro che non poteva essere un nemico, per storia, per passione, per militanza trigoriana. Simili nell’apparenza, ma diversi nel modo di parlare a squadra e pubblico e fare calcio. Da quel giorno è cominciata una nuova èra. Migliore, peggiore, lo vedremo. De Rossi, come suggeriscono molti sui calciatori, ha portato tranquillità e questo gruppo ne aveva bisogno, visto che il grande amore per Mou nel tempo si era trasformato in un calesse.
Daniele sta vivendo questa sua nuova vita da allenatore, con l’anima che aveva prima, ovvero quella del calciatore. Si cala tra ci giocatori come uno di loro. Li coccola, li difende, ha una buona parola per tutti e tutto ciò, per adesso, funziona. Si prende pure delle responsabilità non sue, come quella dell’altra sera a Rotterdam sulla rete di Igor Paixao, arrivata, a suo dire, per i pochi allenamenti svolti su certe situazioni di gioco. Questo è un atteggiamento vincente, lo è stato anche nella gestione Mou, che poi, nel corso del tempo ha virato tentando a far sentire più centrale uno piuttosto che un altro.