Corriere dello Sport (F.Guerrieri) – Venticinque anni di Totti. Venticinque anni di Roma. Tanti cambiamenti, rivoluzioni, valigie pronte ed altre da disfare, chi arrivava e chi andava via. Giocatori, allenatori e presidenti. Tanto è cambiato, ma lui è sempre stato lì, al centro di tutto. Perché Totti non si tocca e non si smuove. Ci ha provato Carlos Bianchi nel 1997, quando lo stava per mettere sul primo aereo diretto ad Amsterdam in cambio di Litmanen o quando lo spingeva verso la Sampdoria. Risultato? L’esonero dell’allenatore. Ha esordito vicino a Giannini, smetterà domenica in Roma-Genoa giocando al fianco di un classe ’94, Emerson Palmieri.
LE TAPPE – E pensare che quando Francesco debuttava in serie A l’italo-brasiliano doveva ancora nascere. Totti all’epoca era solo una giovane promessa, forse la più promettente della Primavera giallorossa. Tante tappe nella sua carriera: dall’esordio con il Brescia al primo gol contro il Foggia, lo scudetto nel 2001 e la rete al Bernabeu. Allenatori che per Francesco sono stati veri e propri secondi padri. Mazzone gli aveva vietato il motorino per paura che si facesse male, con Zeman si trasforma da ragazzo a uomo: cresce fisicamente e psicologicamente, si leva da dosso il soprannome di Pupone (che in realtà rimarrà per sempre) e diventa il 10 della Roma. Maglia ereditata dal suo idolo Giuseppe Giannini, quel poster che Francesco aveva sopra il letto e guardava ogni sera prima di addormentarsi. Con il boemo scopre l’attacco a tre e quel calcio spettacolare e offensivo al quale non erano abituati con Mazzone. Sono 14 i gol di Totti al primo anno di Zeman, mai aveva segnato così tanto; 16 la stagione successiva, la prima con la fascia al braccio dopo il passaggio da Giannini ad Aldair. Si discute del ruolo di Francesco: è trequartista o attaccante? Zeman lo schiera esterno nell’attacco a tre, poi arriva Capello e lo fa arretrare di qualche metro dietro alle due punte. Per lui cambia poco, perché fa la differenza in qualsiasi posizione. Quel ragazzino che tanto piaceva a Mihajlovic è ormai diventato un campione, e Sinisa lo affronta da avversario nei derby della capitale.
LO SCUDETTO – Il punto più alto della carriera lo raggiunge vincendo lo scudetto con Capello in panchina: il sogno di una vita, realizzato il 17 giugno del 2001 da simbolo e leader di una grande Roma. Se ne accorgono anche all’estero, e il Real farebbe di tutto per portare Francesco a Madrid: «Sono stato a un passo, poi la famiglia e gli amici mi consigliarono di rimanere». Nel frattempo si continuano a trasformare le squadre intorno a lui: l’anno dopo lo scudetto arriva il baby gioiellino Cassano, nell’autunno 2002 la Roma sbanca il Bernabeu con un gol di Totti e dopo una stagione in cui il club cambia quattro allenatori, nel 2005 arriva Spalletti. Con lui è rivoluzione: perché si passa al 4-2-3-1 e Totti diventa attaccante centrale. Segna gol a raffica, arrivando a 32 stagionali nel 2006-2007 vincendo anche la Scarpa d’Oro. Poi lo scudetto sfiorato con Ranieri, il fallimento di Luis Enrique e lo Zeman 2.0. Con l’arrivo di Garcia la chiesa torna al centro del villaggio e Totti al centro dell’attacco.
SPALLETTI SECONDO – Fino ad arrivare ai tempi recenti: il ritorno di Spalletti, gli anni che si iniziano a far sentire e le panchine che diventano sempre più dei minuti giocati. Perché il tempo passa ed è arrivato anche il suo momento: dopo aver visto passare tanti giocatori sarà lui a dire basta. Ma sarà un addio speciale.