La Repubblica (P. Torri) – La squadra c’è, la società dov’è? Proviamo a spiegarci. La Roma per il quarto anno consecutivo si qualifica per i quarti di finale di una coppa europea, confermando una predisposizione internazionale che nessuna altra squadra italiana ha avuto nell’ultimo decennio.
Anche se, pure a Brighton, è stata costretta a prendere atto di come la classe arbitrale con un passaporto diverso dal nostro, non è che l’abbia troppo in simpatia, forse a partire dallo stesso designatore europeo (Rosetti). Non perché si chiedano chissà quali favori, anzi, ma semplicemente che ci siano direzioni arbitrali secondo regolamento. Perché onestà intellettuale vuole che, in particolare nel primo tempo di Brighton, herr Zwayer abbia fatto di tutto e di più per complicare la vita alla Roma. Qualcuno, per esempio, sa spiegarci, regolamento alla mano, perché sia stato annullato il gol di Azmoun? E pure: perché è stato ammonito Mancini? Perché non è stato espulso il giocatore del Brighton che ha dato una testata simil D’Aversa allo stesso difensore centrale romanista? Perché è stato ammonito Ndicka che sarà squalificato per la gara d’andata dei quarti di finale?
Un disastro che, a fine partita, avrebbe legittimato un intervento societario su una direzione arbitrale ben oltre i confini del regolamento. Invece la Roma ancora una volta ha scelto la strada del silenzio. Del resto chi avrebbe potuto alzare la voce in un club che non ha un direttore sportivo, un direttore tecnico, un direttore generale e una marea di persone in scadenza di contratto? Al contrario tra viale Tolstoj (ma la Roma sta cercando una nuova sede) e Trigoria, i pensieri sono tutti rivolti a licenziamenti, a beghe interne, a invidie deleterie, a cose che tutto sono meno che calcistiche. Meno male che la Roma di De Rossi sembra fregarsene.