Filippo Tripi ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Cronache di Spogliatoio. Queste le sue dichiarazioni, che ripercorrono l’avventura alla Roma.
L’esordio con il Cluj?
“Faceva freddissimo. Quella è la prima cosa che mi ricordo. E infatti non andavamo a scaldarci tutti insieme. Ricordo che il mister aveva già fatto 4 cambi quando chiamò Pedro per il riscaldamento. Pensai: ‘Va bene, sarà per la prossima. Passano giusto 2-3 minuti e lo fa risiedere, così si gira verso di me e mi fa: ‘Vatti a scaldare. Là ho capito: ‘Oddio, ora mi fa entrare. Ha iniziato a battermi fortissimo il cuore. C’era un freddo assurdo, della partita mi ricordo a malapena che respiravo. Un po’ per il freddo, un po’ per l’emozione. Quando sono entrato in campo, ero commosso. Era un sogno che si avverava… e poi in campo, con me, c’era anche Calafiori: con lui ho fatto il percorso dal primo giorno. Trovarmi lì, con un amico, è stato indescrivibile”.
Il rapporto con Zalewski e Calafiori?
“Con Riccardo e Nicola abbiamo un’amicizia fraterna. Ogni giornata con loro era speciale. Facciamo un po di difficoltà a vederci ora, anche perché siamo tutti lontani ma era come stare in famiglia, davvero”.
Essere allenato da Fonseca e Mourinho?
“Fonseca lo ringrazierò a vita per avermi fatto esordire. Ero ancora piccolo, stavo molto in Primavera. Mentre con Mourinho ho vissuto davvero la prima squadra. Mou con me è sempre stato sincero, nel bene e nel male. Mi ha aiutato molto. Una volta, in una trasferta europea, nonostante avesse raggiunto il limite massimo di panchinari, mi disse: ‘Voglio che vieni e che stai con la squadra. Era un modo per farmi crescere vivendo lo spogliatoio, l’hotel. Sono tutte cose importanti per un giovane, affatto scontate. Tutti e due mi hanno dato tanto: uno è un top in Italia ora, l’altro è uno dei migliori al mondo… c’è poco da criticare”.
Eri alla presentazione di Dybala?
“Mi ricordo che il giorno prima nello spogliatoio si parlava tanto di questa presentazione al Colosseo Quadrato. Così ho detto a Paulo: ‘Guarda che vengo anche io. Lui non ci credeva, anzi si era proprio messo a ridere. Ma io ero serio. Il padre della mia ragazza è super tifoso ed abita lì dietro, così quella sera ho detto: ‘Va bene, andiamoci veramente. Eravamo io, gli amici, e altre 10mila persone: quelle sono le cose che rendono i tifosi romanisti unici. E starci dentro è stato veramente bello. E poi i ritiri di Totti e De Rossi: lì di lacrime ne ho versate pure troppe. Ero uno dei ragazzini che teneva la maglietta di Totti al centro del campo quel 28 maggio 2017. In quello di DDR ero un po’ più grande: ero allo stadio con gli amici, è stata un’altra bella batosta”.
Il più bel ricordo da tifoso della Roma?
“Probabilmente Roma-Barcellona, da pelle d’oca: mi veniva da piangere”.
Sei tornato all’Olimpico?
“Ancora non ce l’ho fatta ad andare a guardarmi una partita. Ci ho provato varie volte ma fra allenamenti, partite e giorni liberi non sono mai riuscito ad incastrare il tutto. Vorrei anche andare a vedere la Primavera, mi piace molto come mondo. Ogni anno ci sono 4-5 giovani molto forti. Magari quando tornerò per Natale riuscirò a fare entrambe le cose. Magari vado in Curva Sud… così tifo pure”.
I giocatori più forti con cui hai giocato?
“Dzeko, assolutamente. Un altro livello. Poi Dybala. Se devo scegliere due fenomeni, dico loro. Oppure Pellegrini: era un esempio per noi perché ha fatto il nostro stesso percorso fra vivaio e prima squadra”.
Rifaresti le stesse scelte?
“Tornando indietro con la testa di adesso farei alcune cose diversamente. Quando entri a 18 anni in uno spogliatoio del genere, sei sempre in punta di piedi: non ho rimorsi, ma con questa mentalità sarebbe stato tutto più facile. Sicuramente qualcosa mi è mancato alla Roma, se sono dovuto andare via questo significa. Non è stata una sorpresa: erano mesi che non giocavo. Venivo da due stagioni con la Primavera dove le avevo praticamente giocate tutte, avevo voglia di dimostrare chi fossi. Penso che inconsciamente il mio ‘errore’ sia stato vedermi ancora come il ragazzo uscito dalla Primavera. Qui al Mura, alla stessa età, dopo appena due giorni, mi vedevo come un giocatore al centro del progetto, titolare, nonostante l’età e la poca esperienza. Sono venuto qui perché mi interessava il progetto che avevano su di me: penso sia stata la scelta giusta, non ho avuto ripensamenti. Lasciare la Roma dopo 12 anni di settore giovanile e tanta esperienza in prima squadra, non è stato facile. Sicuramente. Ma era molta di più la voglia di giocare: era quella la mia priorità, più che rimanere nella zona di comfort ma senza avere minuti. Faccio l’Università di Scienze Motorie con indirizzo calcistico. Studio come si porta avanti una società, il ruolo del direttore sportivo, l’aspetto psicologico degli atleti, poi tanta anatomia e allenamenti”.