Il Messaggero (A. Angeloni) – Loro tre sono sicuri, per il resto si vedrà. Gianluca Mancini, Kouadio Emmanuel Boris Koné (detto Manu) e Matias Soulé. Come sosteneva Ferruccio Valcareggi, costituiscono la spina dorsale della squadra (tenendo fuori il portiere, a cui la Roma deve, non dovrebbe, ma deve rinnovare il contratto, come glielo ha chiesto pure uno stadio intero), oggi e domani, per motivi diversi.

Mancini, se Pellegrini lascerà la Roma, diventerà molto probabilmente il capitano. Ma a parte questo, Gianluca, ventinove anni e nel pieno della maturità, è da un po’ l’essenza di questa squadra, non solo per le prestazioni e al di là di qualche errore, ma per come interpreta il romanismo. Lui che arriva da Pisa (Pontedera) e di Roma magari aveva visto solo il Colosseo. Mancio è un leader dello spogliatoio, è insostituibile e spesso è uno dei migliori, sia se al fianco ha un colosso come Hummels, sia se il colosso lo deve fare lui, come l’altro giorno a San Siro. Da centrale comanda, lotta, nel tempo ha placato i bollori: in altri tempi, dopo un’ammonizione incassata al 3’ sarebbe stato espulso di sicuro. Contro l’Inter non ha mai rischiato il rosso, spendendosi senza tirarsi mai indietro sia contro Arnautovic sia contro Lautaro, e se le sono date. Il suo futuro è qui, al di là di chi sarà il nuovo allenatore. È stato titolare da quando è arrivato, con Fonseca, poi con Mou, ora con Ranieri, e lo è stato pure con De Rossi e Juric.