Corriere della Sera (M.Colombo – D.Sparisci) – Sette ore di maratona fra diapositive, sussurri e grida. Davanti ai soldi la serie A ritrova l’unità, accantonando guerre di potere capaci di paralizzare da mesi la Lega. La pax commerciale è stata sancita ieri aprendo le buste con le offerte sui diritti tv per l’estero. Grandi e piccole, sempre divise su tutto, hanno votato sì ai 340 milioni a stagione messi sul piatto dagli americani di Img che a sorpresa hanno battuto il favorito Riccardo Silva. Diventeranno 371 grazie ai pacchetti aggiuntivi (trasmissioni nelle ricevitorie, costi di fornitura del segnale e match su Rai International). Non solo: l’aver scorporato dal campionato Coppa Italia e Supercoppa nazionale dovrebbe far lievitare le entrate fino a quota 400.
Se la Bundesliga è quasi doppiata (240), Premier e Liga con 1,3 miliardi e 636 milioni giocano su un altro pianeta. Con gli stadi semi-vuoti e la penuria di campioni è già un grande risultato aver aumentato di oltre il 100% gli incassi rispetto al vecchio bando. O almeno così la pensano 18 presidenti su venti che hanno votato all’unanimità. Unico assente il Benevento, Aurelio De Laurentiis lascia polemicamente la sala, sparando a zero contro tutti: «Sono cifre mortificanti che trascineranno il nostro calcio verso il baratro perché il gap con i campionati stranieri crescerà a dismisura». Se la prende con l’asse Figc-Infront: «Infront cura anche gli interessi della Federazione che quindi non andrà mai contro l’advisor. De Siervo (l’a.d. di Infront,ndr) è stato messo a capo dell’azienda da Matteo Renzi e quindi non credo che Luca Lotti (il ministro dello Sport, ndr) sarebbe mai andato contro Infront. È tutto questo caos che fa faticare il nostro mondo».
Ma la voce del patron del Napoli è isolata, le big hanno fatto fronte comune e la volontà di Beppe Marotta e di Marco Fassone di sottolinearlo pubblicamente misura la distanza. Carlo Tavecchio sorride — «Le parole di De Laurentiis si commentano da sole» —, De Siervo annuncia querele. Per il numero uno della Figc comunque si tratta di un importante successo strategico: sotto la sua gestione «commissariale» ha trovato un’intesa «che ha raddoppiato il valore del calcio italiano. Il sì finale è arrivato con un applauso». Non sono mancati i colpi di scena: Silva esce sconfitto mentre era stato in pole fino all’ultimo per riaggiudicarsi le licenze dopo averle acquistate nel triennio precedente per 186 milioni. Il proprietario del Miami guidato da Alessandro Nesta ha presentato l’offerta più alta. Fra i 350 e i 355 milioni, si dice. Non una differenza da poco, e allora perché è stata scelta la busta meno vantaggiosa? Risponde Fassone: «Per la prima volta negli ultimi dieci anni sono stati considerati più gli aspetti qualitativi di quelli quantitativi. In passato avevamo deciso in base al miglior offerente, senza guardare ai piani di sviluppo». Sarà, ma più di qualcuno sostiene che si sia voluto tagliare i ponti con il vecchio sistema.
Marotta sposa la nuova linea: «L’obiettivo è valorizzare un brand che di per sé è molto forte e che forse ha perso un po’ di smalto». Anche perché gli sforzi per promuovere la serie A erano inesistenti: il primo roadshow internazionale è partito soltanto quest’estate. E le immagini un po’ da cartolina — Icardi e Wanda Nara, il Colosseo e Venezia, mozzarella e parmigiano a tavola — hanno fatto breccia fra gli operatori mondiali. In sei sono arrivati all’ultimo giro: oltre al vincitore Img eaMp & Silva, Bein Sports (di Al Jazeera), Perform, Rai, e Mediapro. Quest’ultima ha suscitato interesse, ma è stata scartata perché la società è il braccio commerciale della Liga spagnola. Il rischio era che il prodotto di casa nostra venisse messo in secondo piano per privilegiare Messi e Ronaldo. Stappato lo champagne, nella Lega si apre un nuovo fronte: lunedì si terrà l’assemblea per votare lo statuto. Quanto reggerà la pax?