Totti-Spalletti, un duello senza vincitori. Chi ci perde è solo la Roma

repubblica.it (M.Pinci) – Come un duello rusticano, in cui a restare sul terreno esanimi sono entrambi i duellanti. Totti e Spalletti, Spalletti e Totti. Quindici mesi dopo l’inizio della tenzone, un epilogo che forse poteva essere scritto con largo anticipo: la Roma, spettatrice interessata delle loro schermaglie, non sa ancora se ricomincerà dalla Champions o dai preliminari. Sa però che, da luglio, lo farà senza entrambi: ultima goccia di cianuro, una passerella negata.

ROTTURE ANNUNCIATE – L’addio di Totti lo ha annunciato Monchi al mondo. Quello di Spalletti pare averlo decretato lui quasi cancellando i 4 gol Milan, il record delle 6 vittorie consecutive in trasferta, il 4 su 4 contro le milanesi che mancava da più di 50 anni. “Tornassi indietro non verrei alla Roma“. Che vuol dire – ed è difficile avere dubbi – che non tratterà il rinnovo del contratto per restarci. Da quando Spalletti è tornato in giallorosso soltanto la Juve ha fatto meglio della Roma in Italia: ma i risultati non sono bastati a indorare la pillola del rapporto con (o contro…) il capitano: “Si parla sempre di questa cosa qui e ce l’ho addosso“. Il tottismo – molto più che Totti – da una parte, dall’altra la solitudine di un allenatore a cui certo non è venuta in soccorso la proprietà dagli States e nemmeno la dirigenza da Trigoria, dove nessuno ha mai speso una parola, preso una posizione. Un logorio costante che non ha fatto bene a nessuno dei due. Non ha aiutato Totti a convincere Pallotta che la sua storia da calciatore meritasse un altro capitolo ancora. Ma ha dato la convinzione a Spalletti che Roma non sia più la città giusta per lavorare e forse alla Roma che con tensioni simili in corso non sia più il caso di insistere con lui. Così la Roma, in un colpo, ha perso il capitano-bandiera e l’allenatore-guida.

STORIA DI UN RAPPORTO LOGORO – Insomma, finisce così. A tre giornate dalla fine e con un obiettivo – il secondo posto – che magari non vale trofei ma la bellezza di una cinquantina di milioni dalla Champions. Tutto iniziò 440 giorni fa con lo sfogo di Totti alla Rai: “Chiedo rispetto“. Poi l’allontanamento dal ritiro, gli applausi dell‘Olimpico che erano schiaffi al tecnico. Le minacce e gli striscioni sotto casa all’allenatore (“E’ un continuo, t’aspettano a casa, lo striscione. Una mattina ho aiutato moglie e marito a srotolarne uno contro di me“) “colpevole” di lesa maestà. E poi i gol decisivi di Totti per la rincorsa al terzo posto accolti come altri schiaffi al tecnico, come fossero avversari e non capitani della stessa nave. Venne il rinnovo del numero 10 grazie a quei gol, ma la tregua non era una pace. Lo scoprì il mondo con il “piccolo uomo” di Ilary a Spalletti, la sua replica con i regali ironici per la “first lady” romanista, ancora tanti silenzi. Fino alla guerra fredda degli ultimi due mesi. L’ha riassunta il tecnico di Montespertoli, a San Siro, agitato dalle accuse per una standing ovation non concessa, una passerella negata. “Sono stato offeso prima e dopo tutte le volte che l’ho messo negli ultimi 5 minuti, mettiamoci d’accordo“. L’accordo, quello con la Roma, è adesso più lontano di una chimera.

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