Tuttosport (S.Carina) – La tregua è servita. Per un giorno Trigoria si trasforma in Pleasentville, l’allegra cittadina in bianco e nero, stereotipo del sogno americano, raffigurata nel film di Gary Ross dove tutto è ordinato, il clima è sempre sereno con il termometro fisso sui 22 gradi e tutti sono cordiali, rispettosi e conformi alle regole. L’allenamento di ieri diventa così per Spalletti e Totti l’occasione per provare a ricucire. Francesco nelle inquadrature di Roma Tv è sereno. Il tecnico anche. Ma la differenza, al momento di recitare la parte, è evidente. Chi scherza e ride è soltanto l’allenatore. Lo farà anche in serata quando gli verrà consegnato il Tapiro d’Oro, annunciando che «rimarrò sicuramente, Francesco invece per altri sei, sette, dieci anni». Omaggio ricevuto separatamente anche da Totti che voglia di scherzare ne ha meno: «È tutto a posto, questa sera ci vado a cena insieme (semplice battuta, visto che i due non si sono visti), è una bravissima persona. Il passato si dimentica, non è mai successo nulla fra di noi». Quello che è certo invece è l’epilogo, già annunciato da Sabatini: «Un gol non cambia le cose, l’intendimento di Pallotta è chiaro».
Senza voler entrare nel merito se fosse giusto o meno rinnovare il contratto al 39enne Totti (che se va giudicato per quello che fa in campo, nelle ultime tre gare disputate ha fornito un assist a Pjanic che ha chiuso i conti col Frosinone, un assist a Salah per l’1- 1 col Bologna e in 12’ ha segnato il 3-3 con l’Atalanta, oltre a regalare l’assist del 4-3 a Dzeko, sciupato dal bosniaco) quanto sta accadendo tra il calciatore e Spalletti è il risultato dell’atteggiamento ondivago (e assente) del club. Che prima ha promesso al calciatore che avrebbe potuto decidere autonomamente il suo futuro («Spetta a Francesco decidere cosa fare del suo futuro», frase reiterata da Pallotta, l’ultima volta il 5 marzo) per poi tornare sui suoi passi («Ha 39 anni ed è naturale che voglia giocare ancora ma il suo corpo e la sua mente dicono cose differenti», Pallotta il 16 marzo). Senza contare che la dirigenza italiana ha fatto finta di nulla («Mai esistito il caso Totti», Baldissoni il 22 febbraio) confidando che l’attesa avrebbe logorato il calciatore. E invece il gioco delle mezze frasi fatte trapelare e poi smentite ha finito con il logorare Spalletti, fino all’esplosione dell’altro giorno.
Plenipotenziario – Il tecnico negli ultimi 4 mesi e mezzo ha assunto un ruolo che a Trigoria negli ultimi due anni era stato di Sabatini. E come il ds anche a Spalletti è stato demandato tutto. La risalita in classifica (questa sì, di sua competenza), la gestione del gruppo e della querelle contrattuale del capitano; la questione tifo-istituzioni senza contare quando ha ripreso pubblicamente Sabatini che aveva confermato le dimissioni in tv, travestendosi da dirigente. Un’anomalia che certifica un vuoto di potere. Anche ieri Pallotta ha risposto a qualche sms di giornalisti: «Nessun caso: capita nello sport che si possa discutere tra tecnico e calciatori». E ora, certificato l’addio (settimana scorsa incontro Baldissoni-calciatore per ribadirlo), l’anno prossimo magari se lo ritroverà in Mls. Magari a Toronto.