Francesco Totti, leggenda della Roma ed ex dirigente, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di DAZN. Queste le sue parole:
Qual è la caratteristica principale di una scuola calcio che nasce nel segno di Francesco Totti?
Bella domanda. La caratteristica penso l’unione, la compattezza di tutta la gente che vuole far crescere i giovani in un modo armonioso e giocoso.
Ti diverti qua?
Prima venivo di meno, adesso un po’ di più. Ho tutti i parenti qua.
Qual è la prima lezione che bisogna imparare su un campo di calcio?
La base è la tecnica e la coordinazione nel calciare la palla. Divertirsi è fondamentale perché è un gioco e se non c’è quello non ci può essere altro. Se non sei coordinato non puoi giocare.
Se un giorno tuo figlio facesse un cucchiaio cosa gli diresti?
Prima deve riuscirci perché non è facile. Dirlo è più facile, eseguirlo è diverso.
Quando avevi 8 mesi già passeggiavi con il pallone?
Si è vero. Camminavo a 8 mesi a Porto San Giorgio con il pallone.
Davvero non torneresti mai alla Roma con un altra proprietà e un altro ruolo?
Mai dire mai.
Perché il dirigente non te l’hanno fatto fare?
Perché ero ingombrante.
Contro l’Australia ai Mondiali hai pensato di fare il cucchiaio?
Quando ero a centrocampo. In quei metri ci ho pensato ma poi ho evitato perché era un momento troppo delicato per tutti. La paura di sbagliare c’era. Anche se sei convinto di poter segnare, di fronte hai sempre un avversario.
Hai giocato a cavallo tra due epoche, una con i social e una senza. Come è stato questo cambiamento?
Per me negativo. Prima c’era più spontaneità, più dialogo, più divertimento. Tutti andavano nelle altre camere a giocare a carte, alla Playstation Stavi più a contatto, era più un gruppo vero. Adesso invece tra computer, social, Instagram, uno si chiude in camera da solo. Per ti viene la depressione. A me piace stare sempre in gruppo con la gente, io avrei faticato.
Tutti i tifosi della Roma si aspettano di vedere Zaniolo come un futuro Francesco Totti…
Un po’ tutti, non solo i tifosi della Roma. Nicolò è ancora giovane, ha tanta strada davanti a lui. Diciamo che ha i mezzi però sta a lui dare continuità al lavoro che sta facendo.
Non parli più come un calciatore…
Sono stato sia calciatore che dirigente. Da calciatore ero più espansivo, ero più me stesso; da dirigente devi essere più pacato, stare attento a quello che dici, a contro chi dici, altrimenti qualcuno si offende. Le parole sono fondamentali.
C’è mai stata una partita della Roma in cui ti saresti strappato i vestiti da dirigente per entrare in campo?
Una sola? Due anni di seguito. Da fuori è tutto più facile, tutti siamo più forti e più bravi – “perché non ha fatto questo, perché non ha fatto quello” -, ma se sei stato anche dentro il campo sai che sono due cose diverse. Parecchie partite avevo voglia di spogliarmi, potevo ancora dire la mia. Soprattutto vedendo quello che ci sta in giro… (ride, ndc).
Leggendo il tuo libro si nota il dolore dell’addio al calcio…
Io ho sempre avuto la passione: quando c’è quella per un giocatore è tutto. Quando lo fai con la determinazione, con la voglia, con la spensieratezza di un essere umano, poi ti vengono cose che non avresti mai immaginato…. poi la fine deve arrivare. E’ arrivata un po’ inaspettata sotto tanti punti di vista, ma giusta. Ora l’ho metabolizzata, ma c’ho messo due anni, perché non è stata una scelta mia.
Nella tua biografia dici ‘Come faccio ad essere degno di tutto questo amore che mi ha dato il calcio’. Hai trovato una risposta?
No perché non è facile trovarla. Per quello che ho fatto sul campo, la gente ti identifica in quello. Soprattutto per il personaggio e la persona che sono sempre stata. Un ragazzo semplice che si poteva dare una mano ti dava un braccio. Sono stato abbastanza ripagato.
Cosa farà Francesco Totti?
Il sogno che mi piacerebbe continuare è quello di far crescere tanti giovani, in Italia e all’estero. Trovare al giorno d’oggi un giocatore che ragiona e fa quello che ho fatto io non è semplice. Adesso girano più soldi e si pensa più a guadagnare che pensare alla propria squadra del cuore.
Ti sei mai pentito delle scelte fatte?
Io non mi sono mai pentito delle decisioni anche se quando avevo 25 anni e mi chiamò il Real Madrid dei Galacticos avevo avuto un po’ un momento di disorientamento. Infatti quando oggi vedo qualcuno di quei giocatori del Real mi dicono: ma tu sei matto, hai rinunciato alla squadra più forte del mondo… vuol dire che la testa ogni tanto non ragiona, devi essere matto: ho fatto una scelta d’amore che non rinnego. Anzi è stata una doppia vittoria stare per 25 anni con la maglia della mia squadra del cuore.
Se tu oggi fossi un procuratore e avessi un Totti a 25 anni, cosa faresti?
Non giocherebbe sicuramente alla Roma, già se lo sarebbero comprato.
Ti piacerebbe fare il procuratore?
E’ una parola vecchia. Preferisco dire scouting. Perlustro, vedo, riesco a trovare qualche giovane promettente. Io mi metto sempre in gioco, mi piace conoscere quello che c’è al di là. Il futuro sicuramente riserva cose positive: voglio vedere cosa riserva a me.
La Nazionale e l’Europeo del 2000.
Sembra che ho tirato solo rigori, però. Eseguire il cucchiaio è difficile. Prima di calciare il rigore devi già aver pensato dove vorresti tirarlo. Se pensi al cucchiaio vuol dire che hai una testa particolare, un po’ di follia ci vuole. Il pallone va colpito sotto, va accarezzato, come quando prendi la panna col gelato.