Come si dice in questi casi, si è guadagnato un posto in Paradiso. Vincenzo Montella vince il derby al primo colpo, sia come giocatore (4-1, con tanto di doppietta, anno 1999) e come allenatore (2-0, lo scorso aprile). Sarà bravo, lo dicono in tanti, di sicuro non si può dire sia sfortunato.
Ora fa l’allenatore a Catania, Roma e la Roma sono lontani dai fatti, non dal cuore. L’affetto resta, certe emozioni, alcune vittorie non si dimenticano. Primo e unico tentativo e subito una vittoria. Sensazioni a qualche mesi di distanza?
“É stata una gran bella emozione, dal sapore diverso rispetto a quelli vissuti da giocatore”.
Diversa in che senso?
“Soprattutto per lo speciale senso di responsabilità che avevo in quel momento. Ero il tecnico, non più un calciatore. Le tensioni sono diverse”.
Ora tocca a un altro esordiente, Luis Enrique. Cosa si sente di dirgli?
“Non sta certo a me dire come si fa ad affrontare una gara di quel tipo”.
Però come spiegherebbe un derby a un tecnico giovane, per di più straniero?
“Luis Enrique è stato un giocatore di altissimo livello ed ha esperienza. Inoltre, la città di Roma sa sempre come far capire a chiunque cosa sia un derby. È un qualcosa che viene automaticamente”.
Che ricordi ha di quella settimana che ha preceduto la sua prima stracittadina da allenatore?
“Fu una settimana di grande attenzione ad ogni singolo particolare, tecnico e tattico”.
Dopo quella vittoria si aspettava di restare alla Roma?
“No, non è stato certamente quello l’aspetto determinante, in un senso o nell’altro”.
Come l’ha vinta quella partita?
“Preparandola con molta cura, anche da un punto di vista psicologico. Chiedevo sempre di viverla con molta serenità”.
A Totti aveva chiesto qualcosa di particolare?
“Sì. A Francesco ho detto: devi fare due gol, non me ne basta uno. Alla fine mi ha accontentato. Doppietta di Totti, vittoria della Roma”.
Ha mai pensato di perderla e in che momento?
“Giocammo bene e quindi non pensai mai di uscire sconfitto da quella partita, poi è chiaro, poteva succedere di tutto, cosa che non è accaduta fortunatamente”.
Che sensazione aveva nell’allenare parecchi suoi ex compagni di squadra con i quali tra l’altro ha vissuto e vinto pure qualche derby?
“Con me, sono sempre stati tutti collaborativi, mi hanno agevolato ed hanno rispettato i ruoli. Mi sono trovato bene con loro, spero pure sia stato così per loro”.
Fu sorpreso dalla prestazione di Totti, che in quel momento tutti davano per finito?
“Assolutamente no”.
I tifosi laziali pensano che se la Roma manda in campo Totti si indebolisce.
“Beh – sorride – lo pensavano pure l’anno scorso. Lo pensano sempre, poi i fatti sono diversi. Peccato Francesco non stia bene, mi auguro possa recuperare”.
Che derby prevede?
“Non me lo sono ancora chiesto, a dire la verità”.
Le piace la Roma di Luis Enrique?
“Mi piace per l’impronta e l’idea che orienta gli sforzi, c’è un obiettivo da perseguire per migliorare, una traccia precisa che la squadra sta seguendo. Nel calcio di oggi è già tanta roba. Poi i risultati possono arrivare per altri motivi, l’importante è che si creda in qualcosa”.
Troppi calciatori inesperti per il derby è un problema o può essere un vantaggio per la Roma?
“Credo sia un’arma a doppio taglio ma l’emotività del singolo fa il suo corso a prescindere dal fatto che si tratti di una partita nuova o meno”.
Che punti deboli e di forza ha la Lazio?
“Non ho ancora studiato la Lazio, ma ha perso gli ultimi cinque derby e probabilmente questo potrebbe comportare minore serenità nell’approccio alla partita”.
Chi deciderà la prossima stracittadina?
“Chi riuscirà a controllare meglio l’emozione, come sempre accade in questo genere di sfide”.
Le manca questo tipo di partita?
“E’ una gara speciale, io ho perso un solo derby ed ho tanti ricordi positivi”.
IL MESSAGGERO – A. ANGELONI