Fra la miriade di motivi per cui Stefano Pioli ha da lamentarsi per essere stato sedotto e abbandonato sulla strada della Roma, ce n’è uno col ciuffo e lo sguardo sfrontato. Si chiama Erik Lamela, e l’impressione è che nel prossimo quindicennio gli allenatori si divideranno in tre categorie: quelli che hanno avuto la fortuna di allenarlo (pochi), quelli che l’hanno visto solo in tv o in tribuna (parecchi), quelli che malauguratamente l’hanno avuto come avversario (la maggior parte). Ecco, Pioli e il suo Bologna da domani entreranno nell’album dei rivali, e chissà che all’allenatore parmigiano non torni in mente quel 20 maggio in cui riuscì ad ammaliare Walter Sabatini — entrando in lizza ufficialmente per la panchina della Roma — prima di vedere il suo sogno sbriciolarsi davanti al fascino blaugrana di Luis Enrique.
Titolare E a proposito di seduzioni — smaltito l’infortunio alla caviglia rimediato al Mondiale Under 20 — è stato lo spagnolo a innamorarsi della bravura di questo 19enne argentino che, costato 20 milioni (pesanti commissioni e tasse comprese), è stato incoronato dal d.s. Sabatini come il colpo dell’estate giallorossa. Ovvio che non può essere il gol fortuito di Napoli a santificarlo, ma piuttosto le prestazioni nel complesso sempre più convincenti anche sul piano del sacrificio per la squadra. Un dato per tutti: dal giorno dell’esordio in Serie A contro il Palermo — benedetto da una rete folgorante dopo appena otto minuti — Luis Enrique lo ha sempre schierato, e 8 volte su 9 come titolare.
Come un matto Con questa apertura di credito, nessuna meraviglia che lo spagnolo abbia dopo la vittoria di Napoli abbia parlato di lui in questo modo: «Ormai Lamela è un calciatore importante per noi e sta diventando ogni giorno più forte. Si allena come un matto, che è la cosa più importante. Poi ha qualità e personalità». Proprio vero. Lo si vede nel modo in cui accarezza la palla con la suola (eredità del suo passato da giocatore di calcio a 5), nella maniera in cui affronta i contrasti. Roba da giocatore già pronto, e questo spiega il motivo per cui la sua nazionale argentina gli abbia già concesso il privilegio della prima convocazione.
Osvaldo, grinta da ex E se il connazionale Osvaldo — lasciati i sogni argentini per la concretezza azzurra — pregusta la sua sfida da ex contro il Bologna, Lamela si accoda ripensando alle parole di Totti sul suo conto: «Spero che diventi il mio erede». E se appena arrivato Erik raccontava come prediligesse il ruolo di trequartista, ora ha metabolizzato già il suo nuovo impiego sulla fascia. «Mi ci trovo bene. La cosa più importante, però, è che la Roma continui su questa strada». Il vento nelle vele adesso c’è tutto, anche perché il mercato promette rinforzi. Nel mirino ci sono Paulinho (Corinthians) e Casemiro (San Paolo) per il centrocampo, e Nilmar (Villarreal) per l’attacco, senza contare che anche in difesa arriveranno un paio di rinforzi. Come dire, ritrovato il morale, la Roma ha riscoperto anche i sogni, primo fra tutti quello di un posto in Champions già nella prossima stagione. A pensarci bene, per uno come Lamela è proprio il palcoscenico più adatto.
Gazzetta dello Sport – Massimo Cecchini