Il Corriere Della Sera (L.Valdiserri) – Ci sono i fatti e ci sono le opinioni. I fatti dicono che Francesco Totti ha dimostrato sul campo di essere ancora un calciatore decisivo per la sua squadra. Non vuole fare il dirigente perché di quelli ne trovi a bizzeffe, mentre i campioni che vincono le partite sono merce rara. A Roma introvabile. L’opinione del presidente James Pallotta, dei suoi consiglieri e di Luciano Spalletti è che indietro non si torna. A Totti, a meno di imprevedibili e clamorosi sviluppi, non sarà offerto il contratto per un ultimo anno in giallorosso. Non c’è una comunicazione ufficiale, anche perché farla il giorno dopo che Totti ha salvato la Roma sul campo e nel bilancio (la partecipazione alla prossima Champions League vale dai 50 milioni in su) sarebbe impopolare. Ma ha il suo peso che Pallotta non abbia ripreso una vecchia promessa: «Francesco, decidi tu il tuo futuro». Se si desidera una persona, non si aspetta. Pallotta ha deciso di difendere Spalletti dalla forza «ambientale» di Totti. La decisione non è basata sul «merito» ma sul «metodo». Totti è ancora il più bravo di tutti — per una partita, per un tempo, per un minuto lo decida il tecnico — ma non basta.
È quello che Totti rappresenta per la squadra e per la tifoseria (quella da stadio, non quella da tastiera) che deve finire dietro una scrivania. Sul campo di allenamento e sul campo da gioco è troppo ingombrante. A Boston si parla di marketing e di merchandising, di immagine e di mercati da conquistare. La realtà è che la Roma gioca da anni senza lo sponsor e che la maglia più venduta, in Italia e all’estero, è sempre la numero 10. Le tv, i giornali e i siti di tutto il mondo hanno celebrato la serata magica di Totti (Pjanic, alla radio ufficiale della Roma, ha detto quello che a Trigoria non si deve dire: «Totti è la Roma»). Pallotta, mercoledì sera, non è andato oltre «sono molto orgoglioso di Francesco». Se Totti vuole continuare a giocare — chiedere al Bologna, all’Atalanta e al Torino se ne è ancora capace — dovrà farlo altrove. Per adesso gli è arrivata una ricchissima proposta dall’Al Jazira, la squadra degli Emirati Arabi che voleva coprire d’oro Gervinho. Un’altra possibilità sono gli Stati Uniti, ma Totti aveva congelato tutto perché la sua idea era chiudere, a 40 anni, con la squadra della sua vita. C’è chi rinfaccia a Totti l’intervista al Tg1, alla vigilia di Roma-Palermo, che gli costò l’esclusione dai convocati. Certo, si poteva evitare.
Lo stesso si può dire dello stillicidio delle frasi di Spalletti. L’allenatore ha fatto giocare 3 minuti a Totti contro il Real Madrid («Per vincere le partite ci vuole forza, corsa e sacrificio»); ha scomodato il re dei telecronisti in pensione quando Fabio Caressa ha detto che al derby avrebbe fatto giocare Totti dall’inizio («Si potrebbe proporre un altro sondaggio: far commentare l’Europeo a Caressa o a Pizzul?»); ha messo in dubbio il valore effettivo dei due gol nel derby del selfie l’11 gennaio 2015 («Chi dice che nel primo tempo la Roma non andò sotto perché qualcuno non copriva gli spazi?»); ha usato i dati di un’amichevole con la Primavera per confermare le lacune dinamiche di Totti. Sarebbe come giudicare Valentino Rossi non per ciò che fa in gara ma per il tempo nelle prove libere. Riscaldandosi, mentre il Torino stava vincendo all’Olimpico, Totti ha detto ai fotografi: «Scattate, che sono le ultime». L’ultima all’Olimpico sarà Roma-Chievo, domenica 8 maggio, alle 12.30. Chissà se qualche dirigente della Roma chiederà alla Lega se è possibile cambiare l’orario o se l’addio di Totti dovrà arrivare tra un boccone e l’altro, con l’indice di ascolto tv più basso possibile.