Il Corriere della Sera (L.Valdiserri) – «Se fossi andato al Real Madrid avrei vinto tre Champions League, due Palloni d’oro e altre cose, ma preferisco quello che ho fatto. Nel 2004 ero in partenza, ma alla fine, per fortuna, il cuore ha deciso di restare a Roma». Così Francesco Totti, nel 2013, a France Football. Perché il Capitano c’è andato davvero vicino al Bernabeu. Da Madrid era arrivata una maglietta blanca con il numero 10 e il suo nome sulla schiena… Stasera non è previsto per Totti un ruolo di primo piano. La carta d’identità, i tanti infortuni, la necessità della Roma di risalire immediatamente la china, il diktat di Spalletti di non guardare in faccia nessuno: da quando è arrivato il nuovo allenatore, Francesco ha giocato solo 32 minuti contro il Frosinone, servendo tra l’altro l’assist a Pjanic per il 3-1 finale. Tutto logico. Tutto un po’ triste. Totti è quello del gol al Bernabeu nel 2001 che permise alla Roma di battere il Real nella sua tana. È quello del fantastico assist ad Amantino Mancini che portò al 2-1 nell’andata dell’ottavo di finale della Champions League 2008 che finì con la qualificazione dei giallorossi.
È quello a cui Gareth Bale ha chiesto di firmargli la maglia quest’estate, dopo l’amichevole a Melbourne, scatenando le polemiche di alcuni media spagnoli, che accusarono il gallese di scarsa personalità. È anche per questo che ieri Cristiano Ronaldo ha detto: «Non c’è nessuno della Roma con cui vorrei scambiare la maglia, ma se qualcuno me la chiede non avrei problemi a dare la mia». Spalletti deve sempre rispondere almeno a una domanda su Totti. In questa occasione la risposta è stata particolarmente diretta: «Francesco ha avuto dei problemi prima della trasferta di Modena, non ha partecipato a quella gara perché ha sentito il riacutizzarsi di un vecchio dolore. Poi si è allenato con il gruppo e sarà a disposizione. Dipende sempre dalla partita e da quella che sarà la sua condizione. Sento parlare di esperienza e, se mi devo basare su questo, dico che vinciamo noi: faccio giocare Totti con Maicon, Keita e De Sanctis, tutti calciatori forti sotto l’aspetto della storia e dell’esperienza. Per vincere, però, ci vogliono forza, corsa, disponibilità a sacrificarsi anche per il compagno. Quelli che hanno queste qualità mi stanno a cuore. Io non sono come tutti gli allenatori, che dicono che tutti sono uguali. Per me sono differenti: ho più disponibilità verso quelli che hanno queste qualità e queste caratteristiche. Quelli li tengo più da conto che gli altri. Quelli che corrono, quelli che si impegnano sempre in allenamento, quelli che vengono con un’intenzione giusta per quello che è il risultato della Roma, non solo dentro la partita o perché uno fa gol o assist. Tengo conto di un’insieme di cose, ma sempre per la Roma. Io non alleno nient’altro che il tentativo del risultato della Roma». La legge è uguale per tutti, anche per chi ha fatto la storia della Roma ma, purtroppo per chi ama il calcio, ha scritto 39 sulla carta d’identità. E in questo momento Spalletti è così forte, dentro la Roma e tra i tifosi della Roma, da avere sempre ragione. Soprattutto dopo 4 vittorie consecutive.