Il Sole 24 Ore (A. Biondi) – In Tim si sta lavorando a gran ritmo a una ridefinizione degli accordi con il partner Dazn. Perché la proposta dovrebbe, almeno nelle intenzioni, essere pronta in vista del prossimo Cda del 17 dicembre. Si va stringendo il cerchio attorno alla proposta definitiva che poi sarà al centro delle trattative fra la compagnia telefonica e la piattaforma cui la Lega Serie A ha assegnato i diritti audiovisivi per la Serie A relativi al triennio 2021-24. Un’assegnazione per 840 milioni di euro.
Alla dote però partecipa anche la stessa Telecom a valle di un accordo di partnership che l’ex monopolista delle Tlc ha deciso tuttavia di rivedere. I risultati non sono quelli sperati e il minimo garantito da 340 milioni a stagione (che in realtà sono comunque anche qualcosa in più di questa cifra) è stato giudicato da rivedere nelle ultime settimane, nella parte finale della consiliatura guidata dall’ex Luigi Gubitosi.
Il Comitato Controllo e Rischi di Tim che si è riunito ieri ha ascoltato nuovamente la situazione e gli scenari in campo. Che essenzialmente si riducono a due: un’intesa fra le parti o uno scontro a carte bollate. Nel primo caso, la possibile pietra sopra – almeno nella proposta in preparazione in casa Tim – passerebbe attraverso uno sconto sul minimo garantito fra i 60 e gli 80 milioni di euro a stagione. A partire da ora.
Una cifra, questa, sulla quale in casa dell’ex monopolista si starebbe ragionando considerandola come valida contropartita per alcune questioni che avrebbero impattato sui numeri complessivi di un’operazione che non avrebbe dato i risultati sperati. Il che non vuol dire che la base clienti di Timvision non abbia registrato un rialzo importante rispetto al passato, grazie all’arrivo della Serie A.
Ma ci si aspettava di più sulla base di forecast che alla prova dei fatti non hanno tenuto. In questo quadro qualcosa, in negativo, secondo i calcoli fatti in Tim sarebbe stato determinato dai problemi di trasmissione avuti da Dazn nelle prime giornate di campionato. Il risultato sarebbe visibile in un churn (tasso di abbandono) aumentato.
Non si parla di grandi numeri. È comunque un segnale. La convinzione in casa dell’ex monopolista sarebbe però che a generare un impatto negativo sia stata anche la scelta di Dazn di garantire ai propri clienti la “concurrency”. La visione contemporanea di contenuti sportivi su un unico account ma essendo situati in luoghi differenti, consentita da Dazn, ha senz’altro portato a un sacrificio nei numeri. Certo, non bisogna non considerare che ha rappresentato una motivazione d’acquisto importante in un contesto di cambiamento sia dell’operatore di riferimento (non più Sky ma Dazn), sia della modalità principe di visione dei contenuti sportivi (lo streaming al posto del satellite).
Alla fine però la questione pare essere sfuggita di mano. Tra l’altro anche in Lega Serie A il tema non sarebbe passato inosservato, considerandolo come un grimaldello tale da far puntare verso il basso il valore dei diritti audiovisivi che rappresentano l’asset in pancia ai club. La stessa Dazn ha considerato la concurrency come una pratica che contribuisce in maniera decisiva al 20% di media di utilizzi fraudolenti riscontrati dalla piattaforma. Non a caso è stata all’origine della decisione, sulla quale l’Ott ha poi fatto dietrofront, di mettere fine alla pratica della concurrency. Considerando gli 1,9 milioni di abbonati Dazn a fine settembre si parlerebbe almeno di 4-500mila abbonamenti mancanti all’appello.