Il Messaggero (S. Carina) – Sei gol per sei attaccanti. Meno di quanto hanno segnato da soli i vari Immobile (9), Vlahovic (8), Simeone (8) e Dzeko (7). Gli stessi di Zapata (6), appena uno in più di Osimehn (5) e due di Giroud (4). La Roma che nonostante 4 ko in 11 giornate resta aggrappata al quarto posto (in coabitazione con l’Atalanta), evidenzia un reparto offensivo in crisi.
Tre reti nelle ultime 4 partite e un centravanti, Abraham, alla ricerca di sé stesso. L’inglese è fermo al gol contro l’Udinese (23 settembre) che in campionato ha bissato soltanto a Salerno. Due acuti in 11 gare: troppo poco se rapportato con gli attaccanti delle prime 8 in classifica.
E menomale che c’è Pellegrini (pronto a fermarsi giovedì contro il Bodo/Glimt: infiammazione al ginocchio) già a quota 5. L’involuzione dell’inglese fa rumore. Tra pali colpiti e problemi fisici (anche a Cagliari e contro il Milan ha giocato non al meglio) c’è sempre qualcosa che è girato storto.
Paradossalmente più dei pochi gol quello che sorprende, rispetto ai colleghi di reparto, è il fatto che non tiri (quasi) mai in porta. In 11 gare c’è riuscito appena 17 volte (media 1,5), trovando lo specchio in 8 casi. Numeri negativi considerando tra l’altro l’anomalia che regna a Trigoria. Perché la Roma in serie A è la squadra che conclude maggiormente verso la rete avversaria: già 135 tiri (esclusi quelli ribattuti, dati Opta), 4 in più del Napoli, 6 dell’Inter, 24 dell’Atalanta e del Milan, 32 della Fiorentina, 37 della Lazio e 45 del Verona.
L’attacco, però, tra le prime 8 in classifica è malinconicamente settimo (19). Mira quindi da migliorare. O probabilmente pericolosità da aggiungere. Perché anche contro il Milan il tabellino recita 24 conclusioni ma soltanto 3-4 hanno seriamente impensierito la retroguardia rossonera. Ad Abraham vengono chiesti infatti gli stessi movimenti di Dzeko ma l’ex Chelsea è un centravanti diverso rispetto al bosniaco. Edin è/era bravo a giocare (anche) spalle alla porta, arretrando e permettendo così alla squadra di salire. L’inglese, invece, si esalta nel gioco in profondità. L’optimum sarebbe avere due ali pronte ad assisterlo: Zaniolo e uno tra El Shaarawy e Mkhitaryan i candidati. In questo caso bisognerebbe arretrare Pellegrini (ruolo a lui congeniale) e passare al 4-3-3.