Pagine Romaniste (F. Belli) – Marco Ansaldo diceva: “I portieri sono gli eroi solitari. Quelli che non possono sbagliare. Là, abbandonati al proprio destino sotto gli occhi dello stadio”. E’ una storia di solitudine quella di Franco Tancredi, solo contro il rigorista di turno, contro la tristezza di aver perso un amico in una brutta serata di inizio estate, persino contro i tifosi che fino a qualche tempo prima l’osannavano. Solo anche, chissà, a parare il tiro di Nino, che non doveva aver paura di sbagliare quel calcio di rigore. Numero uno solitario, ma idolatrato. Non subito, ci son voluti due anni per diventare titolare nella Roma al posto di Paolo Conti e ad entrare nel cuore dei tifosi. La consacrazione è datata 17 maggio 1980: nella finale di Coppa Italia contro il Torino para 3 rigori ai granata salvando i compagni da una sconfitta ormai quasi certa. “Tancredi dice Roma”, titola il Corriere dello Sport il giorno seguente, un tripudio. L’anno successivo, sempre contro il Torino in finale di Coppa Italia, para altri altri due rigori e la Roma bissa il successo dell’anno precedente in maniera quasi identica. Il rigore, da sempre fonte di indefinita e indescrivibile gioia per quel ragazzo cresciuto a Giulianova. Nessun trucco: prima delle partite studia minuziosamente i tiratori e rimaneva fermo fino all’ultimo per poter tuffarsi nella giusta direzione: un perfetto equilibrio di preparazione e capacità. Non a caso nella prima finale col Torino l’hanno bucato solo quei due che nella semifinale contro la Juventus non avevano tirato.
Il duello perso con Grobbelar e il “tradimento”
Una sola volta è andata male, la più importante di tutte, e Grobbelar è stato più bravo. Un incubo, quel 30 maggio del 1984, che non verrà mai dimenticato. E dieci anni dopo ancora peggio, quando verrà a sapere della morte dell’amico fraterno Agostino a causa di una maledetta Smith e Wesson 38 special. Rimane nella Capitale fino al 1990 per poi giocare l’ultima stagione al settentrione. Pochi sanno però che l’ultima gara della carriera, anche se non ufficiale, la gioca comunque con la Roma nel giorno dell’addio al calcio di Bruno Conti. Diventa poi il preparatore dei portieri capitolino fino al 2004, quando sceglie di seguire Capello alla Vecchia Signora. Da quel momento 3 anni di silenzio, nessuna dichiarazione e nessuna giustificazione per quel “tradimento”. Inevitabili poi i fischi alla festa degli 80 anni della Roma, quando sale sul palco durante la premiazione. Pochi giorni dopo tornerà finalmente a parlare, dichiarandosi frustato per quella contestazione pubblica e dando la colpa al suo carattere, non avendo mai chiarito negli anni precedenti il perché di quella scelta. Un difetto di comunicazione insomma. Ma visto che non esiste vero amore senza perdono, nel 2011 torna come preparatore dei portieri al fianco di Luis Enrique e viene accolto con striscioni cordiali. Una pace necessaria per Tancredi, per noi e per conciliarci con il nostro passato.