Il Tempo (L.P.) – “È una ferita che non si richiuderà mai, abbiamo perso una persona intelligente, buona e molto generosa. Mi aiutò tantissimo ad inserirmi a Roma. Lui era così, era il capitano, aiutava tutti. Un capitano sia dentro che fuori dal campo con la C maiuscola. Quella mattina (30 maggio 1994, ndr) stavo guardando il tg quando ho appreso la notizia. Sono rimasto pietrificato, un dispiacere enorme che non dimenticherò mai. Abbiamo tanti ricordi insieme: quello spogliatoio era pieno di personalità ma quando parlava Agostino tutti lo ascoltavano”.
Qual è stato il vostro rapporto dopo l’addio alla Roma?
“Per me il capitano è lui. Sono state dette tante stupidaggini sulla sua morte, io sono molto amico della famiglia e del figlio Luca che ha un buon rapporto con le mie figlie. Ogni volta che si apriva questo capitolo ho sempre fatto di tutto per raccontare la verità. Qualcuno ha voluto gettare del fango contro Ago ma io mi sono sempre ribellato. Io ho perso un amico, un capitano e una persona perbene”.
Un episodio felice con Agostino.
“Ago aveva un vizio: per dimostrarti il suo affetto ti prendeva a pugni. Ogni tanto quando arrivava da dietro dovevi stare attento perché ti dava una spinta o ti colpiva. Erano gesti affettuosi che ricordo con grande piacere e amore”.