Corriere dello Sport (R. Maida) – C’è stato un boato sordo, di quelli solidi ma lenti. Mentre i tifosi del Milan guardavano con ansia il cronometro, intuendo che la loro squadra non aveva più energie né lucidità, Tammy Abraham si è materializzato in mezzo a Tomori e Kalulu lanciandosi a corpo morto su una scheggia impazzita, quel pallone respinto da Tatarusanu.
Nel silenzio, l’urlo. Dei quattromila romanisti sistemati nel settore ospiti proprio là davanti. E dello stesso Abraham, che aveva bisogno di liberarsi del malumore e della paura di non essere più importante.
Aveva custodito la vittoria con il Bologna salvando un gol al 96′, ha segnato la rete che vale la conservazione del sesto posto e l’idea di un cambiamento. Per la Roma, che in campionato ha preso punti due volte a Milano e anche allo Stadium contro la Juve, e per lui, che Mourinho ha mandato in panchina alla prima partita dell’anno risvegliandone l’attenzione e l’orgoglio per poi presentargli sul vassoio la nuova possibilità a San Siro. Abraham aveva segnato anche lo scorso anno qui, sempre contro il Milan, ma in quel frangente non era riuscito a evitare la sconfitta. Stavolta ha indovinato il tempo e il modo della felicità.
Uscendo dal campo, Abraham era raggiante. Almeno quanto i tifosi romanisti che hanno continuato a cantare per oltre un’ora dopo il fischio finale di Massa in attesa di essere accompagnati fuori dallo stadio. “Sono contento per loro, i tifosi, che hanno visto il carattere della squadra – ha raccontato -, prima della sosta avevo promesso che saremmo tornati più forti e così è stato. La strada è ancora lunga e credo che potremo toglierci delle soddisfazioni”.