«Il campo paga più di ogni altra cosa, solo lì ogni giocatore può dimostrare tutto il suo valore». Sembra una banalità, è l’essenza di Rodrigo Taddei. L’uomo che ha allontanato la crisi del settimo anno con la fatica, il sacrificio e la dedizione. E se a Riscone di Brunico Luis Enrique (quasi) non lo conosceva, oggi ha imparato ad apprezzarlo così tanto che Rodrigo è diventato la prima opzione per il tecnico spagnolo sugli esterni difensivi. Sinistra o destra non fa niente, l’importante è che lui ci sia.
Polivalente La favola di Rodrigo ha il suo segreto proprio nella sua immensa disponibilità. Dove lo metti, Rodrigo sta. Senza fare storie. «In Brasile ho fatto anche il portiere», ha detto durante il ritiro di Riscone di Brunico. A Roma no, quello ancora gli manca, ma per il resto i ruoli li ha ricoperti tutti: esterno alto o basso, intermedio, prima punta, laterale, centrale di centrocampo. «Quando faccio la formazione, dò prima la maglia a Taddei e poi agli altri dieci», disse una volta Luciano Spalletti, per risaltare la grande versatilità ed adattabilità di Taddei. Rodrigo, del resto, la benzina nei muscoli la mette con l’entusiasmo e la positività. Le stesse qualità che hanno colpito Luis Enrique, proprio quando lo lasciava ai margini della squadra. Tribuna o panchina, l’inizio di stagione è stato durissimo, fuori dal nuovo progetto. Ma dopo sei stagioni (Taddei arrivò alla Roma nel 2005 dal Siena), Rodrigo non ne voleva sapere di cambiare aria, nonostante in corsa si fosse già concretizzata una sistemazione di livello (Tottenham). E stringendo i denti, ha ribaltato ogni gerarchia.
Applausi «Rodrigo è il miglior esempio di come dovrebbe essere un giocatore professionista — disse di lui Luis Enrique prima della gara di Udine — È uno di quelli che ha giocato di meno, ma si è sempre comportato come titolare o come se fosse la stella della squadra: sorridente, positivo. Questo significa che ha grande qualità come giocatore e come persona. Ed è stato sempre d’esempio a tutta la squadra». Ed infatti Rodrigo non ha mollato mai, da quando Luis l’ha spostato di ruolo («Il mio è quello di esterno alto, ma la squadra gioca in modo diverso», ha detto), mettendolo in concorrenza con José Angel, uno degli acquisti più costosi dell’estate. «Per me è cambiato poco, la mia forza è il sacrificio», ha detto lui. E nel faccia a faccia con lo spagnolo, Rodrigo alla fine ha vinto. Sarà per la sua disponibilità, sarà perché la vita gli ha già riservato tante amarezze (la vita nelle favelas, la morte del papà e del fratello) che nulla può più piegarlo. Sta di fatto che dalle sabbie mobili dell’anonimato è arrivato fino alla collina. E lì vuole restarci.
Sogno Entrato spesso nelle future trattative di mercato, Taddei ora è fuori da ogni discorso. Rimarrà alla Roma (ha il contratto fino al 2014), cercando di cullare presto il suo sogno. «Vincere lo scudetto o qualcosa di importante con questa maglia — ha detto —. Qui c’è una città che ti dà tanto e una tifoseria importante, che merita molto di più». Ecco, l’essenza di Rodrigo è proprio questa. Il sacrificio, la disponibilità, ma anche il grande cuore. Quello che gli ha permesso di conquistare tutti, anche Luis Enrique.
Gazzetta dello Sport – Andrea Pugliese