Corriere dello Sport (L. Scalia) – Un titolare aggiunto, un patrimonio della Roma. Contro l’Udinese è entrato in corsa spostando gli equilibri. Con l’assist per il tris di El Shaarawy con la verticalizzazione che poi ha mandato in porta Dybala, ma anche con la solita fame che si percepisce a occhio nudo. Già, Bove piace a tutti: a Mourinho, alla tifoseria e al resto dei compagni. Perché dà il massimo sempre e comunque, dimostrando che non bastano centimetri, muscoli e l’etichetta da predestinato per fare il calciatore vero.
“Come ho conquistato lo Special One? Me lo chiedo anche io qualche volta (ride, ndr). Credo sia una questione di fare quello che l’allenatore chiede e fare la cosa più semplice non è mai banale. Il rapporto tra un giocatore e un allenatore si basa sulla fiducia“.
Romano, romanista, cresciuto fin da bambino dentro Trigoria con il mito di Daniele De Rossi. Bove ha fatto divertire anche il suo idolo che era in tribuna durante Roma-Udinese. Nota di colore: dentro lo spogliatoio difficilmente viene chiamato Edoardo. Ormai il suo nome si è trasformato in… Daniele. In maniera scherzosa, ma fino a un certo punto. Perché appunto Bove reincarna quella passione e quell’ardore che aveva l’ex numero 16.
“De Rossi è sempre stato un esempio. Abbiamo una grinta e una cattiveria in campo che ci accomuna, ma devo imparare da lui tantissime cose e continuerò a cercare di migliorare il più possibile. Mi piaceva tantissimo“, ha ammesso Bove che non nasconde in futuro di voler cambiare numero di maglia. “Ho sempre portato il numero 8 nel settore giovanile, mi piacerebbe molto averlo di nuovo. Anche il 5 mi piacerebbe. Non vestirei mai il 10, non per il tipo di pressione, ma perché a Roma è sacro, è una religione. Non mi permetterei mai”. Parole che confermano la voglia del centrocampista di non spostarsi dalla sua
città, dalla squadra del suo cuore.