Corriere dello Sport (R.Maida) – Michele Uva, direttore generale della Federcalcio, sostiene che nel calcio esistano due strade per guadagnare competitività finanziaria e di conseguenza sportiva: 1) costruire uno stadio; 2) investire sul settore giovanile. Bene: il Lione, prossimo avversario della Roma in Europa League, rappresenta un modello virtuoso che ha saputo miscelare con coraggio e pazienza le due componenti. Soffocato dai debiti dopo il settennio magico che aveva garantito altrettanti “scudetti” tra il 2001 e il 2008, il padrepadrone della società Jean-Michel Aulas ha venduto tutti i migliori giocatori, abbassando il monte ingaggi e ristrutturando la squadra dalle fondamenta. Dal 2011, estate nella quale per esempio Pjanic è andato alla Roma, il Lione ha fatto entrare gradatamente in scena i cosiddetti “enfants du pays”, i ragazzi cresciuti in città o provincia che stavano dimostrando il loro valore nel settore giovanile: è nata così la generazione di Lacazette, 102 gol nelle ultime quattro stagioni e 26 in quella corrente, del capitano-metronomo Gonalons, di Grenier che è appena stato scaricato in direzione Roma, ma anche dei più giovani Tolisso, Fekir, Umtiti (oggi al Barcellona) e Ghezzal, fratello minore dell’attaccante algerino che ha giocato in diverse squadre italiane. In generale, circa il 70 per cento della rosa è stato formato in casa o dalle parti di casa.
IL FATTURATO – Parallelamente però Aulas ha trovato terreno fertile nelle istituzioni cittadine per costruire il Parc Olympique Lyonnais, lo stadio di proprietà da sessantamila posti che ha sostituito l’anziano Gerland ed è stato inaugurato nel gennaio 2016, in tempo per ospitare anche le partite dell’Europeo di Francia. Grazie al nuovo stadio, il Lione ha triplicato le entrate della biglietteria, incassando 27,7 milioni come recita l’ultimo bilancio, accrescendo dell’81 per cento da una stagione all’altra i ricavi derivanti dai diritti televisivi e addirittura del 111% gli introiti complessivi. Il risultato è che Aulas, grazie anche alla partecipazione alla Champions League, ha chiuso l’ultimo esercizio con un fatturato quasi identico a quello della Roma (218,1 milioni contro 219,4) ma i conti in attivo per 9,8 milioni.
SCALATA – E quando un’azienda funziona, se ne accorgono in tutto il mondo. Così si spiega l’ingresso poderoso del fondo cinese Idg Capital Parners, che ad agosto 2016 ha rilevato il 20 per cento delle quote del Lione per 100 milioni, favorendo un riassetto provvisorio che lascia Aulas (indebitato nel patrimonio personale per 270 milioni per il progetto-stadio) azionista di maggioranza al 27,9% e comprende ancora il gruppo cinematografico Pathé al 23,9%. Negli ambienti finanziari francesi – anche il Lione, come la Roma, è quotato in Borsa – si sussurra che l’Idg voglia presto espandersi per acquisire il controllo del club e aumentarne il potenziale economico. Nel frattempo, fioccano i partner sempre di matrice orientale: il main sponsor sudcoreano, la Hyundaj, paga 7,5 milioni all’anno, poco più dell’Adidas che è il fornitore tecnico. E un’altra azienda sudcoreana di pneumatici, la Kumho Tyre, è appena scesa in campo. Ora al Lione mancano “solo” le vittorie: l’ultimo titolo, la Supercoppa di Francia, risale a quattro anni fa.