Il Messaggero (F. M. Magliaro) – Sembra ormai avviarsi alla conclusione la querelle giudiziaria che oppone alcuni residenti nelle zone di Pietralata al Comune. Parliamo di una serie di aree che ricadono all’interno del perimetro della zona dove la Roma dovrebbe costruire il proprio stadio. Nei giorni scorsi, la società giallorossa, il vicepresidente Ryan Friedkin e la Ceo Lina Souloukou, si sono recati in Campidoglio dove hanno incontrato il sindaco e l’assessore all’urbanistica, Maurizio Veloccia, ai quali hanno consegnato il video rendering del futuro impianto giallorosso e con i quali hanno discusso lo stato di attuazione del progetto.
Da una parte sono in conclusione i sondaggi geologici e gli scavi archeologici in alcune aree. Fino a questo momento non sono emersi reperti di alcun genere di importanza e le prove geologiche stanno andando avanti secondo programma. Tuttavia, e qui arriviamo alle decisioni del Tar prese ieri pomeriggio, i tecnici incaricati dalla società giallorossa di completare questi lavori non possono accedere ad alcune aree: sono quelle sulle quali insistono una serie di vertenze giudiziarie fra i possessori e il Comune. In sintesi il Comune ritiene che quelle aree siano ormai acquisite al patrimonio comunale, quindi siano di proprietà pubblica, i possessori hanno chiesto ai giudici di riconoscere che invece sono diventate di loro proprietà per il lungo possesso nel tempo (ossia, in termini tecnici, per usucapione).
I giudici amministrativi nel rigettare le richieste dei residenti, hanno evidenziato tre elementi: il primo che queste aree sono di proprietà del Comune di Roma, soprattutto, sono inserite all’interno del cosiddetto “patrimonio indisponibile”, cioè non possono essere vendute né possono essere soggette ad usucapione. Non a caso, la Roma per costruire lo stadio chiederà la concessione delle aree. In secondo luogo i tre magistrati del Tar hanno evidenziato come “vi sia una chiara manifestazione di volontà del Comune di destinare il bene a un pubblico servizio”. E infine che non si può negare queste “esigenze di servizio pubblico soltanto perché impedita da un’occupazione senza titolo perpetrata dallo stesso privato che ha interesse” a che lo stadio non si faccia.