Stadio della Roma, i conti non tornano

Il Fatto Quotidiano (V.Emiliani) – Lo stadio giallorosso si può fare? Certo. Basta avere i soldi e un’area realmente adatta: dal punto di vista idrogeologico, urbanistico, trasportistico… Quella di Tor di Valle è stata qualificata come R4 e dunque “non trasformabile” se non realizzando opere idrauliche fondamentali. Anzitutto, la messa in sicurezza del fosso di Vallerano ma, secondo gli esperti, è soltanto a opere realizzate che si potrà stabilire se ci si può costruire e fabbricare sopra. Ne va di mezzo l’incolumità pubblica. Perciò si tratta della priorità fra le priorità. Campa cavallo (anche se i cavalli non trottano più a Tor di Valle). Sul nuovo stadio della Roma occorre dire o ripetere con chiarezza alcune cose. Intanto l’impianto non sarà dell’AS Roma bensì di una società privata di cui sono parte James Pallotta, presidente giallorosso pro-tempore, e i fratelli Parnasi, costruttori e proprietari dell’area. Per questo essi hanno chiesto al Comune di autorizzare come “condimento” un milione di metri cubi di grattacieli e altro, prima quale zona mista (direzionale/residenziale), poi come centro direzionale e commerciale, il Business Park. Ma perché il Comune di Roma – il quale con la Giunta Veltroni si è dotato di un PRG, pur generoso di cubature private, non prevede colà sviluppi tanto pesanti – dovrebbe farsi dirigere dai desideri di Pallotta&Parnasi e non dall’interesse pubblico?

Vediamo i fatti. La delibera comunale n. 132 del 2014 prevedeva un progetto A e un progetto B per Tor di Valle. Il primo costava di “opere strettamente funzionali allo stadio” stimate “dal promotore in circa 270 milioni di euro”. A carico del Comune? Troppo bello. La legge n. 217 del 2013 prescrive che i nuovi stadi siano a totale carico dei proponenti. La delibera consiliare del 2014 precisava: “Il promotore (…) risulta non in grado di sostenere le opere di urbanizzazione funzionali” per cui esiste “un complessivo disequilibrio economico finanziario derivante da circa 220 milioni di euro”fra i costi complessivi delle urbanizzazioni (270 milioni) e il contributo finanziario massimo di Pallotta “pari a 50 milioni di euro”. Voglio ma non posso. Il sito scelto di Tor di Valle – scelto nell’interesse dei privati, s’intende – risulta di difficile accessibilità, non dotato di ferrovie o metro sufficienti come prescrive il Prg di Roma.

Di qui la necessità di opere pubbliche costose:
1) prolungamento della metro B da Magliana a Tor di Valle, costo oltre 68 milioni;
2) collegamento pedonale con la stazione Magliana (linea FL1), costo 12,6 milioni;
3) adeguamento Via Ostiense-Via del Mare (una delle più pericolose d’Italia), 66,3 milioni;
4) nuovo raccordo all’autostrada Roma-Fiumicino, 103,6 milioni;
5) interventi per ridurre il rischio idraulico del fosso Vallerano, quasi 16 milioni (preliminari a tutto però).

Totale, oltre 266 milioni. Con quali problemi?

1) Il prolungamento viene giudicato dai tecnici impossibile poiché pregiudicherebbe il funzionamento della Metro B all’Eur;
2) tale collegamento è invece confermato, anche se dalla Magliana Fs allo Stadio a piedi bastano 15-20 minuti;
3) un pasticcio irrazionale e pericoloso, dal Grande raccordo anulare allo stadio un primo tratto della via del Mare sarebbe unificato alla via Ostiense, poi le due arterie si dividerebbero di nuovo dal bivio per lo stadio a viale Marconi;
4) il problema è già risolto dal progetto per il nuovo Ponte dei Congressi;
5) opera idraulica prioritaria e di sicuro interesse pubblico. Oltre la quale ci sono le idrovore per l’acqua piovana: altri 9,6 milioni. I parcheggi multipiano, secondo il Campidoglio, competono al privato e non al Comune, per un costo di 55 milioni e mezzo. Senza dimenticare che per realizzare i parcheggi invece a raso e le strade interne al comprensorio ci vogliono altri 74,7 milioni a metà fra Comune e privato.

Sottratte al Piano operativo le opere giudicate di interesse pubblico e che non lo sono, la Roma, o meglio Pallotta, vanterebbe una edificabilità che si ferma a 69.000 metri quadrati. Si palesa a questo punto una contraddizione: la delibera comunale 132/2014 da una parte consente alla società proponente il raddoppio della superficie utile, dall’altra, in base allo stesso indice di trasformazione, fa diminuire di ben 179.000 metri quadrati la volumetria del Business Park. Dunque, un insediamento “per uffici” beneficia, se ben capisco, di un incremento volumetrico applicabile soltanto ai “parchi tematici”. Con tutto l’affetto per Totti e per le bandiere giallorosse, come è possibile?

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