Corriere dello Sport (M.Evangelisti) – La capoeira politica intorno allo stadio di Tor di Valle non si è esaurita con la gloriosa conclusione della conferenza dei servizi. Fingono di danzare in armonia e invece lottano per farsi male, come nell’arte marziale brasiliana. La Regione Lazio guidata dal Pd che si fa momentaneamente da parte e si siede sulla riva del fiume, il Comune di Roma amministrato dal Movimento 5 Stelle che adesso è chiamato a mostrarsi compatto, determinato ed efficiente, tre cose che mettere insieme dalle nostre parti risulta particolarmente difficile. Può essere persino positivo questo confronto a debita distanza: con le elezioni politiche in rapido avicinamento nessuno tiene a mostrarsi meno interessato degli altri alla felice conclusione della vicenda. Comunque l’assessore regionale al territorio, Michele Civita, divide le responsabilità. Lo ha fatto martedì alla fine della conferenza, ha ribadito la sua posizione ieri a Radio Roma Capitale: «Io non partecipo alla nuova partita. Si è chiusa una fase, adesso la palla è tornata al Campidoglio che deve varare la variante, approvare il progetto e soprattutto la convenzione urbanistica, strumento principe per le amministrazioni chiamate a controllare l’intero processo. Poi si rientrerà in Regione per le verifiche e il nulla osta definitivo».
ANTICIPO – Civita ha anche chiarito un aspetto rilevante dei nuovi accordi: «Ci sono interventi non di competenza della Roma, come il miglioramento della rete ferroviaria. Abbiamo cantieri in essere, vogliamo fare un bando per i nuovi treni della Roma-Lido e della Roma-Viterbo. Con 100 milioni già stanziati. Tutti gli altri interventi sono a carico dei proponenti il progetto. Il Comune deve tenere conto di questa prescrizione». Come dire: noi abbiamo fatto le cose per bene, vediamo come ve la cavate voi. Civita ha ragione quando sottolinea come la conferenza dei servizi si sia chiusa «con un mese di anticipo rispetto al previsto», anche se adesso bisogna stilare il verbale (entro l’inizio delle festività natalizie, si spera). Non sarebbe stato possibile senza la nuova legge sugli stadi. Più precisamente, senza la riforma che prende il nome dal ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia. Lo ha sottolineato la stessa Madia a Radio Capital: «Prima ogni ministero competente mandava un proprio rappresentante e ciascun ministero bloccava l’altro, così le conferenze non finivano mai». Diamo nerito a chi ce l’ha, purché adesso tutti si sbrighino.