La Gazzetta dello Sport (V. Piccioni) – Quota cinque mila spettatori non è uguale per tutti. Per qualcuno significa il deserto, per altri uno stadio mezzo pieno. Il paradosso è andato in scena in questo primo turno di campionato sotto l’insegna dell’autoriduzione della capienza scelta dalla Lega. La regola, mutuata dalla Francia (dove però è stato il governo a decidere anche se è chiaro che pure in Italia c’è stato un suggerimento più o meno esplicito), sta creando una strana situazione.
È evidente che il parametro quantitativo, preferito a quello della percentuale, ha creato una poco spiegabile disparità. Se da una parte ci si è inventati una faticosa selezione fra chi era già in possesso del biglietto, in ben quattro stadi quota 5.000 è rimasta addirittura lontana: 3.805 spettatori per Venezia-Empoli, 3.843 per Sassuolo-Verona a Reggio Emilia, 2.549 a Genova per Samp-Torino e 2.559 per Salernitana-Lazio.
Il caso di Venezia è davvero singolare perché con il cambio dei limiti, la soglia è diventata più permissiva visto che la metà della capienza è leggermente inferiore ai 5mila spettatori. Ma ci si può fare anche una domanda: una misura così restrittiva potrebbe pure aver scoraggiato un potenziale pubblico che ha deciso di rimanere a casa al di là del nuovo tetto?
È chiaro che si tratta di una regola iniqua. Che ha soprattutto un valore simbolico, un segnale di sensibilità del calcio rispetto al richiamo del premier Draghi e del ministro della Salute Speranza. Un modo anche per evitare il peggio, vedi porte chiuse, un fantasma che a un certo sembrava essere il prezzo da pagare per tenere in vita il campionato.
Ma ora che si intravede qualche piccola luce nel buio degli spietati numeri della pandemia, la speranza è che si modifichi anche questa norma. C’è ancora un turno di campionato da affrontare con questa soglia, poi ci sarà la sosta per dare spazio alle qualificazioni mondiali in Sudamerica.