Corriere dello Sport (R. Maida) – Perdere la pazienza significa perdere la battaglia, insegnava il Mahatma Gandhi. È un processo mentale che Leonardo Spinazzola ha assimilato in fretta, sin da quando sorridendo saltellando sulle stampelle per festeggiare il titolo europeo a Wembley. Si era appena rotto un tendine d’Achille, forse il più grave infortunio che possa capitare a un calciatore. Eppure non ha mai smesso di pensare, di credere, che sarebbe tornato a giocare.
Il tempo del ritorno non è ancora arrivato, anche se la sua determinazione aveva fatto immaginare il contrario: servirà almeno un altro mese e mezzo di prima di rivederlo correre sulla fascia con la magia della Roma.
E nemmeno al cento per cento. Per stabilire con esattezza una roadmap bisognerà attendere la visita di controllo con il professor Lempainen, il chirurgo che lo ha operato, prevista dopo le feste, probabilmente a Turku, nella struttura dove venne eseguito l’intervento a giugno.
A gennaio saranno passati sei mesi, che sono il periodo minimo previsto dal protocollo per la ripresa degli allenamenti. Fino a questo momento Spinazzola ha lavorato da solo, ma ovviamente non è mai stato messo alla prova in un conteso pseudo-agonistico. Dal via libera del chirurgo, comincerà la fase di riatletizzazione. A Spinazzola serviranno circa tre settimane, più o meno il tempo canonico di una preparazione estiva, per tornare a giocare.
Se Mancini lo aspetta in Nazionale, Mourinho non vede l’ora di allenarlo. Al suo, i Friedkin hanno dovuto un altro terzino “vero”, Matias Vina. Ma Spinazzola è un saltabirilli insostituibile per qualunque squadra e qualunque tecnico. E per questa ragione la società sta valutando l’ipotesi di proporgli un rinnovo contrattuale (scadenza attuale 2024) come testimonianza di stima e supporto.