Spalletti ha scelto: Perotti nuova anima. Dzeko fuori

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La Gazzetta dello Sport (A.Pugliese) – Sembra il gioco dell’altalena, con uno che va sempre più in alto e l’altro che scende sempre più giù. Da una parte Diego Perotti, l’uomo nuovo della seconda Roma spallettiana: dall’altra Edin Dzeko, il centravanti che sulla carta (almeno la scorsa estate) doveva aver risolto il problema del gol. Paradossalmente si sono dati il testimone strada facendo, con l’acquisto chic della sessione invernale del mercato giallorosso, che ha finito con il buttare giù dalla torre quello della precedente sessione estiva. «Perotti mi sta entusiasmando, corre più di tutti e toglie sempre tranquillità al mediano avversario — ha detto venerdì sera Luciano Spalletti —. Poi quando gli dai palla ha questa corsa ondeggiante che mi ricorda un po’ Martin Jorgensen, che ho avuto all’Udinese. La società ha fatto davvero un grande acquisto». Sembra un’investitura definitiva, di fatto lo è. Tanto è vero che lo stesso Spalletti poco prima aveva sottolineato come «la squadra in questo momento ha trovato gli equilibri giusti così e il centrocampo folto ci permette di avere il pallino del gioco in mano».

LA NUOVA ANIMA – Perotti, dunque, e una Roma disegnata oramai sempre di più con il 4-3-1-2, con il fantasista argentino a danzare in posizione di trequartista, a volte «falso nove» a volte anche centravanti di manovra. È la nuova anima dello Spalletti 2.0, l’idea con cui il tecnico toscano sembra aver davvero trovato l’equilibrio definitivo. E se il marchio della sua prima avventura romanista fu il 4-2-3-1 e Totti centravanti, adesso sembra proprio Perotti l’uomo che può lasciare un solco nella storia giallorossa attuale. Perché ha qualità infinita nei piedi, gli piace giocare la palla, sa andare in verticale ma anche temporeggiare e difficilmente sbaglia le scelte ed i tempi di gioco. Spalletti ne è rimasto conquistato anche per questo e se poi si mangia un gol come è successo venerdì contro la Fiorentina (il palo colpito a tu per tu con Tatarusanu) pazienza. Lì deve ancora crescere.

L’ECLISSI DI EDIN – Tutto ciò, però, va a scontrarsi con un altro principio e cioè quello di giocare con il centravanti vero. E cioè con Edin Dzeko. Nel senso che poi Spalletti può anche decidere di schierare Perotti e Dzeko insieme, magari con l’argentino trequartista e il bosniaco tra le due punte, ma finirebbe con il perdere la corsa ed i ripiegamenti di El Shaarawy, un lavoro che Dzeko non è in grado di garantire in fase difensiva (fermo restando che oggi tenere fuori Salah, per esempio, diventa davvero dura). Appena arrivato a Roma Spalletti usò parole molto dolci per il bosniaco, «se mi avessero chiesto che attaccante avrei voluto avrei risposto proprio Dzeko». Di fatto, però, sembra oramai aver scelto per un calcio più manovrato e meno fisico, un gioco con meno Dzeko e più Perotti. E se si pensa che il bosniaco era arrivato soprattutto per aggiungere qualcosa e giocare le gare decisive, fa specie pensare che nelle due partite più importanti del ciclo spallettiano (Real Madrid e Fiorentina) si sia seduto in panchina, entrando solo nel finale. E, a meno di qualche colpo di scena, l’impressione è che la prossima Roma, quella del prossimo anno, difficilmente sarà ancora con Dzeko.

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