Spalletti: “Con Totti penso di aver avuto un buon rapporto. La mia prima Roma era una squadra baciata dal sole”

Torna a parlare Luciano Spalletti. L’allenatore di Certaldo, con un passato anche nella Roma, non allena una squadra dal 30 maggio del 2019. Quel giorno infatti l’Inter comunicò il suo esonero nonostante il raggiungimento dell’obbiettivo minimo stagionale: la qualificazione in Champions League. Ai microfoni di Sky Sport ha rilasciato delle dichiarazioni in merito al suo periodo alla Roma e al suo rapporto con Francesco Totti. Ecco le sue parole:

Che idea si è fatto del calcio italiano?

È chiaro che qualunque soluzione verrà adottata per finire il campionato farà contenti e scontenti. Quando siamo costretti a cambiare le cose in corsa non c’è una soluzione per tutti. Io credo che bisognerà tornare a giocare pensando soprattutto mettendosi le mani sul cuore. La gente vuole vedere il calcio, io sarei contento di veder ripartire il nostro campionato. Andrà fatto per la gente, per quanto hanno sofferto in questo periodo, con la consapevolezza che il calcio è uno degli strumenti più potenti per tornare alla normalità. Nei limiti della sicurezza dobbiamo pensare anche a loro.

Interviene Walter Sabatini: “Spalletti è un genio. Le cose che ha fatto nel calcio, 130 punti alla Roma, poi anche all’Inter. Un brandello di follia nel genio c’è sempre. Adesso si è ritirato nella sua campagna in Toscana e sarà pedinato dai ricordi nel calcio. Gli auguro di tornare presto per trovare una soluzione. Ha trasformato Nainggolan, avvicinandolo alla porta 30 metri più avanti. Riusciva in blocco a giocare nella squadra avversaria. Un genio. Ha capito subito Emerson Palmieri, lo ha fatto giocare immediatamente”.

Risponde Spalletti: “Mi sono alzato in piedi per lui. E’ un vero genio lui, un grande professionista, è un grande amico. All’inizio ci siamo un po’ annusati come gli animali randagi, si fa per capire chi si ha davanti. Poi è stata un’amicizia totale, fatta di professionalità e di stima. Ognuno di noi sapeva di avere davanti uno più malato di calcio. Passavamo notti intere a parlare di calcio e di calciatori. Se Marzullo avesse pensato a noi gli avremmo dedicato nottate di trasmissioni”.

Record di punti alla Roma e poi siete andati all’Inter. Due geni possono convivere…

Lui ha un’ironia sottile, dice le cose con una sintesi che sa fare solamente lui. Se il calcio fosse un film, lui sarebbe il regista. Ricordo nel mercato invernale nel 2015/16, senza soldi, lui riuscì a portarmi Perotti ed El Shaarawy. Fondamentali per sterzare e far bene nelle successive. Aveva rispetto del mercato e perfetta conoscenza del mercato.

Ha fatto fare il falso nove a Totti, a Perotti, ha alzato Perrotta. Dove vede quello che gli altri non vedono?

Per quanto mi riguarda cerco sempre di rendere protagonisti i calciatori. Si va a difendere quello che riguarda il club, ma loro sono i protagonisti assoluti. Si va a dialogare con loro, si va a sentire quello che dicono, perché parlano in modo corretto. Ormai sono tutti nella loro realtà e vogliono far bene e creare un marchio nella storia calcistica. Io lì ho tentato di vedere quelle che fossero le loro capacità. Perrotta partiva mediano, lo vedevo nel Chievo che sapeva inserirsi. Assomiglia un po’ a Vecino, che però ha bisogno di uno spazio definito ed è difficile che possa cambiare idea perché ha il passo lungo. Perrotta riusciva ad abbinarci altre situazioni alla scelta fatta all’inizio. Tutt’e due sanno finalizzare bene le azioni. Nainggolan uguale. Per farlo ci vuole lo spazio dentro l’area di rigore da usare, con lo zero lì davanti. Lo zero era Totti, che non si faceva mai trovare dai difensori avversari. Andava a mettersi dove non era prendibile e gli spazi venivano da riempiti da lui. Si ascoltano i loro comportamenti negli allenamenti.

Lei ha cambiato la Roma. Lione, Madrid e così via. Com’è nata la sua prima Roma?

Era una squadra baciata dal sole di Roma. Fatta di calciatori che si passavano la palla senza mai mettere in difficoltà il compagno. “Il modo in cui devo dartela è come la vorrei ricevere”. Sono i molti passaggi facili che vanno a buon fine fanno la differenza per giocare bene come quella squadra lì.

Interviene Pizarro: Un giorno ti piacerebbe allenare la Fiorentina?

Lui è stato un calciatore che mi ha dato una mano fondamentale. Pizarro è sempre online. E’ il calciatore che tiene continuamente la squadra connessa. L’ho conosciuto la prima volta quando me l’ha portato Pozzo ad Udine. Me lo ha portato nella stanza della squadra, lui era sul lettino dei massaggi. Avanzava un metro sul lettino. Nella prima partita che ha fatto era incredibile, ha toccato duemila palloni, sembrava avesse sempre giocato lì. Sapeva prendersi il rispetto per il modo di giocare. Anche alla Roma ha fatto partite di alto livello. E’ simile a Brozovic, vuole toccare tutti i palloni. A volte non è possibile, sopratutto a questo livello. Loro fanno questi 50 metri per poterla ritoccare e poi disperdono di freschezza. E’ un elemento eccezionale nello spogliatoio, è un amico unico per tutti i compagni. Canta benissimo, quando sono arrivato in Serie A andavamo a partecipare al peso di squadra. C’erano le multe sui kg in più, Pizarro era soggetto ad ingrassare. Prima di montare sul peso cercava sempre il consenso dei compagni. Per farlo salire sulla bilancia ci voleva un’ora. Se andava bene si metteva a cantare verso il suo armadietto e prendeva mignon alla crema per mangiarli davanti a me.

La Roma del 2016/17 aveva la rosa più completa della sua carriera?

Sì, era una formazione fortissima. Aveva questa qualità di passarsi bene la palla. Aveva giocatori estrosi, campioni. Salah, Nainggolan, Strootman… Non è facile trovare tutti quei campioni insieme, oltre che Manolas, Rudiger e poi Dzeko in attacco. Con lui in avanti puoi giocare qualsiasi tipo di calcio. Con lui era difficile capire il modulo che lo facesse esprimere meglio. Lui fa vedere che si possono fare 30 gol, facendone fare altri 30 ai compagni vicini. Il suo è veramente un calcio totale, sa fare gol, attaccare la porta, fare il regista, tenere palla e andare in profondità. E’ veramente completo, che si trova sempre con qualsiasi calcio. Di solito ho un buon rapporto con tutti i calciatori che ho allenato, perché ho passato molti anni lì, forse a volte si accontentava delle grandi giocate che faceva. Una volta aveva fatto due gol ed io ho cercato di stimolarlo nella riunione ad inizio settimana. Se fai bene si dice, se giochi male si sta zitti e non si stuzzica. Io lo andai ad attaccare un po’ e lui mi rispose in maniera seria, perché aveva un grande carattere. In dei momenti era meno esecutore, si accontentava magari di due gol nella partita precedente quando poteva farne altri due. “Ieri mi sembravi un bottiglione da due litri di acqua minerale” gli dissi, De Rossi glielo ha spiegato e lui si è irrigidito e mi ha messo timore (ride, ndr).

Interviene Alberto Aquilani: Ti ricordi quando mi hai bussato a casa all’una di notte, che volevi?

Io sono stato 7 anni alla Roma, ho consumato molto tempo nelle stesse società. Si va ad avere una confidenza che va oltre. Si instaura un rapporto, si mettono le mani in delle cose profonde standoci molto tempo. Con lui avevo confidenza, perché era un ragazzino ed era uno dei belli della squadra. Fai la bella vita, gli dissi “guarda che ogni tanto vengo a trovarti”. I calciatori poi raccontano quello che succede, allora sono andato, così poteva mettere al corrente anche gli altri componenti. Se vuoi sapere chi cercavo era Sabatini, perché ci poteva essere anche lui (ride, ndr).

Totti ha detto che con lei c’è stata una fase 1 ed una fase 2. Nella seconda il rapporto si è rotto. Cos’è successo?

Penso di essere stato sempre lo stesso in entrambe le fasi. E’ chiaro che le due hanno richiesto un atteggiamento differente. Io con Francesco penso di avere avuto un buon rapporto, poi, come dicevo prima, per me contano i risultati della squadra. Devo passare di lì, c’è il sentimento davanti, e devo trovare ciò che mi fa avere una classifica importante. La Roma meritava di essere sempre in Champions League. Sono successe delle cose che hanno determinato i miei comportamenti, ma sempre mettendo davanti il bene della squadra. Auguro a Totti di fare una grande carriera da manager, perché mi sembra di aver letto che si è messo a fare il procuratore. Lo incontrerò sicuramente perché è il nostro lavoro.

La frase “Uomini forti destini forti, uomini deboli destini deboli” da dove è nata?

Ha avuto davvero un riscontro particolare, ora si cercherà di metterla più in evidenza perché merita una cornice. Mi ha fatto piacere vedere un medico in un ospedale, con la tuta ermetica, che si è scritto dietro questa frase. Mi ha riempito di orgoglio e di piacere. E’ una frase che si cerca, che rende subito l’idea a chi ascolta. Secondo me si spiega da sola. E’ venuta come tante altre frasi che noi allenatori mettiamo davanti ai calciatori.

Ci lascia con un altro aneddoto della sua carriera?

Qualcuno l’ho detto in tutte le salse quando ho parlato con gli altri allenatori. Spesso negli spogliatoi facciamo regole, ma poi ci sono sempre le scappatoie. Noi dicemmo di non poter usare il telefono negli spogliatoi. Ormai si usa, ma una volta si cercava di evitarlo. C’era la multa sia se il telefono suonava e sia se uno avesse risposto. Erano due multe diverse. Io ero lì davanti e l’ho visto, lui ha tirato fuori il portafoglio, prende la cifra e mi da i soldi, poi ha risposto: “Pronto amore, stasera ceniamo insieme?”. Non pensavo che qualcuno si sarebbe permesso di rispondere davanti a me, invece lo ha fatto e sono rimasto allibito. Meglio non dire chi è, ma è stato geniale.

 

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