Corriere dello Sport (R.Maida) – Atmosfera stravolta, dal gol di Lemina a quello di Nainggolan: nessuno festeggia scudetti all’Olimpico, in tanti cantano invece Grazie Roma. I giocatori guidati da De Rossi, tre gol nelle ultime tre partite, corrono a festeggiare sotto la Curva Sud una vittoria che potrebbe risultare decisiva nella conquista del secondo posto e quindi per il ritorno in Champions: il mini-trofeo, come lo ha elegantemente chiamato Szczesny, è adesso più vicino che mai perché il calendario, Chievo fuori e Genoa in casa, dopo le tre salite prospetta una discesa abbastanza pedalabile. Luciano Spalletti non partecipa alla festa, si infila velocemente negli spogliatoi come Totti, ma si gode la sua rivincita storica: mai aveva battuto la Juventus in campionato e ora, con lo scontro diretto ribaltato, la costringe a vincere una delle partite con Crotone e Bologna per celebrare il sesto titolo di fila. «Abbiamo giocato da squadra tignosa – spiega – non era facile per noi dopo il risultato del Napoli e dopo essere andati sotto di un gol contro una squadra come questa. Siamo stati bravi a rimanere lucidi, a cambiare il nostro modo di essere soffrendo, a dimostrare che tipo di persone siamo. Tutto ciò ha fatto la differenza. Quando lavori sempre per raggiungere un obiettivo, qualcosa raccogli: arrivare secondi dietro alla Juventus non è una cosa da poco. Però almeno l’aritmetica dice che lo scudetto ancora non gliel’abbiamo lasciato».
SCENARIO – Magari è tardi per fargli cambiare idea e decidere di firmare il rinnovo del contratto, d’accordo con la società, ma è sicuramente un risultato che riabilita la sua stagione. Monchi anche ieri ha detto di «voler continuare con Spalletti», però il diretto interessato continua a rinviare il tempo degli annunci: «Queste serate possono cambiare gli umori, sicuramente. Vedere uno stadio così è bellissimo. Ma abbiamo ancora due gare, il futuro che ci interessa è tutto qui. Dobbiamo tenere la visuale libera, senza alzare polvere». Torna sull’apertura a Sabatini dichiarata alla vigilia: «Mi è stato domandato se fosse possibile tornare a lavorare insieme. E io ho risposto di sì. Certo avrei potuto anche rispondere di no… (ride, ndr) e poi parlarne a Sabatini. Ma andiamo avanti. Contano i risultati, non la polvere… Credetemi, nello spogliatoio non ci interessa il prossimo anno. Tra 15 giorni dirò che cosa farò, immaginate una vacanza: quando torniamo decidiamo insieme con il club».
ELOGI – Tornando alla partita incensa Nainggolan, che gli ha dato disponibilità nonostante le condizioni fisiche precarie: «Radja ha un animaletto dentro, è uno di quei giocatori che non mollano mai. Non so come abbia fatto a giocare, per come stava. Nel secondo tempo gli ho chiesto più volte se volesse uscire e lui mi diceva no no, aspetta cinque minuti. Adesso sta di nuovo male ma sono sicuro che per la partita di Verona ci sarà, perché lui è così». Perotti gli è piaciuto molto meno: «Non ha fatto tutto ciò che sa fare e quando è uscito non era contento». Tutt’altro: «Purtroppo in questa partita gli ho chiesto cose diverse da quelle alle quali è abituato. Nello spazio stretto è un giocatore che non si trova a suo agio: è bravo quando prende velocità».
STIZZA – Stavolta ha fatto entrare Totti, nel tripudio generale, a partita praticamente finita. In questo modo ha evitato le polemiche di San Siro ma non la reazione seccata del capitano che ha lasciato l’Olimpico da un’uscita secondaria per evitare di incrociare i media. Spalletti cerca di sdrammatizzare. «L’ho messo tardi, era pure arrabbiato» ammette. E ride, sperando che un atteggiamento distensivo smorzi sul nascere un nuovo dibattito politico. Poi, più serio: «Non potevo metterlo prima, la partita si era messa sulla lotta e non era adatta a lui. Se fossimo rimasti sull’1- 1 avrebbe giocato di più».