La Gazzetta dello Sport (A.Schianchi) – Rinunciare a sei titolari contro la seconda in classifica non è una pensata vincente. Certo, si dirà, facile sostenere questo concetto a posteriori, cioè dopo aver visto la sconfitta della Juve all’Olimpico, ma la verità è che i bianconeri, quando non si presentano in abito di gala (con la miglior formazione possibile) raramente incantano. Allegri ha sicuramente riflettuto a lungo prima di mettere in campo la squadra-base, perché mercoledì, sempre all’Olimpico, c’è la finale di Coppa Italia contro la Lazio e bisogna risparmiare un po’ di energie. Tuttavia un turnover così massiccio, e soprattutto quando di fronte ci sono avversari assatanati che devono vincere a tutti i costi per mantenere il secondo posto, è molto rischioso. Regalare alla Roma Barzagli, Chiellini, Dani Alves, Alex Sandro, Dybala e uno a scelta tra Khedira e Marchisio è davvero troppo. Anche perché, quando si stravolge la formazione, inevitabilmente s’inceppano i meccanismi di gioco e il pallone viaggia più lentamente. Forse una rivoluzione più dolce (magari soltanto tre cambi rispetto al solito) sarebbe stata più indicata. Anche perché Dani Alves e Dybala, che poi sono entrati nella ripresa, non sono rimasti completamente a riposo, dunque non hanno usufruito di quella pausa che Allegri desiderava concedere loro. Detto che nulla è compromesso e che è sufficiente una vittoria nelle prossime due partite per conquistare il sesto scudetto consecutivo, è giusto sottolineare che gli obiettivi si affrontano uno alla volta: prima il campionato, poi la Coppa Italia, quindi la Champions League. Gestire, ragionare e fare conti serve a poco.
IDEA GIUSTA – La Roma, sotto di un gol, ha la forza di rimettersi in piedi e di andare all’intervallo sull’1-1. E poi, proprio in quei quindici minuti di riposo, nasce l’impresa. Spalletti, dopo aver constatato l’inconsistenza di Perotti schierato come finto centravanti, ordina a Salah di spostarsi in mezzo in modo da poter «allungare» la difesa della Juve. La mossa riesce anche perché l’egiziano è sempre ben supportato da Nainggolan: nel primo tempo il centrocampista rimane spesso prigioniero della cerniera bianconera, mentre nella seconda parte trova maggiori spazi e si offre per il disimpegno e per l’immediata ripartenza. Sono due le occasioni create dal belga che confeziona anche la rete del definitivo 3-1, a conferma del fatto che è l’uomo decisivo nella costruzione della manovra. Non tocca tanti palloni (soltanto 30), ma li amministra sempre con saggezza: su 21 passaggi effettuati, 4 errori. Non è al massimo della condizione fisica e allora cerca di non forzare, e alla squadra vengono meno quelle proverbiali cavalcate che fanno respirare i difensori e creano pericoli agli avversari. Ma la posizione di Nainggolan, che va subito in pressing su Pjanic, risulta fondamentale, e altrettanto importante è il lavoro di Salah che, grazie alla sua velocità, tiene in apprensione il tandem Benatia-Bonucci. In questo modo, e con la correzione effettuata da Spalletti nell’intervallo, l’assenza di un centravanti classico come Dzeko si avverte di meno. Per dire del contributo fornito dall’egiziano sono sufficienti due dati: 4 recuperi e 2 dribbling riusciti. Si è messo a disposizione della squadra (suo l’assist per il gol di Nainggolan), e per questo va apprezzato.