La Gazzetta dello Sport (A.Pugliese) – La vittoria passa inevitabilmente in secondo piano. Anche se è la sua quinta di fila, un filottino che si avvicina alle 6 del 2006 e magari comincia anche a guardare con piacere alle 11 del 2005-06. L’argomento, però, è tutt’altro. Totti, le frizioni della vigilia e la scelta di mandarlo via dal ritiro giallorosso. «Ma sia chiaro, io ho avuto grande dispiacere a prendere questa decisione — dice Spalletti a fine gara —. Era quello che non volevo, ma poi ci sono il mio ruolo, le regole e i segnali da dare anche alla squadra. Il suo è stato un momento di rabbia, quando è nervoso può arrivare ovunque, qualche missile gli parte e un paio di cose me le ha dette. Ma non voglio duelli, non voglio litigare con nessuno. Mi interessa solo di raggiungere i risultati per la Roma, non vado a caccia di applausi ma di vittorie. E la situazione con Francesco è già passata, nelle intenzioni c’è la soluzione. I fischi dei tifosi? Hanno fatto bene, è giusto così. Io volevo cantare il coro “Totti-gol” con loro. Mi ha chiamato anche mio figlio per dirmi: “Papà che fai litighi con Totti?!”».
LE REGOLE – Già, anche se poi quello strappo lì resta e resterà a lungo. Bisognerà lavorarci su, provare anche a ripartire. «Il fatto è che se una cosa del genere la fa il più grande campione del Dopoguerra sembra qualcosa di eccezionale. Alla squadra avevo chiesto di mettere da parte la Champions e cercare la concentrazione, poi è venuta fuori questa storia che ha depistato l’interesse dei ragazzi. E il mio ruolo impone di prendere delle decisioni, anche se si tratta di uno come Totti, altrimenti ognuno inizia a dire quello che gli pare. Io non sono venuto dal cielo, conosco il grande sentimento dei romani. Ho assoluto rispetto del campione, ma ora dobbiamo fare delle scelte».
LA SCELTA – Già, e toccherà soprattutto a Francesco farle. E presto, forse anche dopo aver incontrato Pallotta tra un paio di settimane. «La società sa che qualsiasi cosa vada a chiedere Francesco, io sto dalla sua parte. È giusto che faccia quel che vuole, se vuole continuare a giocare deve farlo e io qualche partita gliela faccio anche fare. Io gli ho messo a disposizione qualsiasi ruolo accanto a me. Dietro la sua personalità, con il suo carisma, a Roma si può fare qualsiasi cosa. E gliel’ho detto: vuoi fare Giggs? Lo farai. Vuoi fare il calciatore? Fallo. Vuoi fare Nedved? Fallo. Ma siccome devo ritirare su le sorti di una squadra, non posso concedergli nulla. Anche se l’ultima delle cose è voler litigare con lui. Aggiungo una cosa: a casa ho una parete con delle maglie e di lui ne ho 7-8…».