La Gazzetta dello Sport (A. Pugliese) – Undici contro undici, inseguendo la Champions. Anche se poi non è così, almeno sulla carta, almeno sui numeri, almeno per quello che ci ha fatto vedere il campionato fino ad oggi. Perché da una parte ci sarà una squadra, il Napoli, che ha una formazione titolare e che gioca quasi sempre con gli stessi uomini («Ma se Sarri ha fatto questa stagione di valore, vuol dire che ha avuto ragione a fare queste scelte», ha commentato ieri Spalletti). E dall’altra una Roma che ha cambiato pelle strada facendo (da Garcia a Spalletti) e che comunque ha di mostrato di riuscire a girare gli uomini di più rispetto ai campani. Ecco, a conti fatti se la Roma oggi potrà portare a casa la partita è anche perché alla fine si potrà giocare 14 contri 11, allungando le rotazioni ai cambi in panchina. Niente di irregolare, ci mancherebbe, tocca a Sarri eventualmente riequilibrare i giochi e giocarsi le sue carte supplementari.
IN ATTACCO – Già, perché Spalletti ha scelto la squadra base, quella che gli dà maggiore affidabilità ed equilibrio, ma al suo arco ha almeno tre se non quattro frecce da giocarsi strada facendo, a partita in corso. Un poker d’assi, che dovrà diventare obbligatoriamente un tris per ché più cambi non se ne possono fare. Ma quelli il tecnico giallorosso li farà e probabilmente punta a giocarsi la partita proprio così, allungando le rotazioni. E se sarà un tris d’assi, il primo non può che essere proprio Francesco Totti, che entrando dalla panchina ha risolto le ultime tre partite (assist a Salah con il Bologna, gol con l’Atalanta e doppietta con il Torino). Il capitano della Roma ha dimostrato di poter incidere come nessun altro a partita in corso, magari nel finale di gara, anche l’ultima mezz’ora, quando le gambe avversarie diventano più molli e le idee si annebbiano. Lì Totti può far male con la sua classe e il suo genio, trovando magari la giocata decisiva o lo spunto in grado di fare la differenza. Con lui, poi, l’altra freccia offensiva nel l’arco giallorosso è Edin Dzeko l’uomo che con Higuain aveva infiammato i sogni estivi dei tifosi romanisti. La storia poi ci ha detto che (almeno ora) tra i due c’è un abisso e chissà se si potrà mai colmare. Per portare a casa la vittoria della speranza, però, Spalletti punta anche su di lui, sul suo fisico, le sue sponde e la sua capacità (più passata che attuale) di riuscire a fare reparto da solo. Dzeko potrà entrare se la partita sarà in bilico o se la Roma dovrà amministrarla (magari stando avanti nel punteggio), cercando così di dare un punto di riferimento offensivo alla manovra giallorossa in caso di ultrapressione avversaria.
IN MEZZO AL CAMPO – E poi ci sono loro due, De Rossi e Strootman, i centrocampisti che hanno «più carattere degli altri», come ha sottolineato ieri Spalletti. A partita in corso possono esse re utili anche loro, forse molto più De Rossi di Strootman, anche se poi l’olandese scalpita dalla voglia di giocare e impiegarlo contro il Napoli sarebbe fondamentale, sotto il profilo psicologico, per due motivi: perché la partita conta davvero (e sarebbe come dirgli «bentornato, ora sei pronto anche per le battaglie») e perché proprio contro il Napoli (anche se al San Paolo) è cominciato il suo calvario. De Rossi, invece, si giocherà fino alla fine una maglia da titolare con Keita, anche se l’impressione è che il maliano sia favorito. Dovesse partire dalla panchina, il mediano azzurro può tornare utile sia davanti alla difesa, sia eventualmente anche dietro, nella retroguardia, in caso di difficoltà improvvise. Se poi dovesse vincere il ballottaggio, allora la carta da giocarsi sarà proprio Keita. In entrambi i casi, però, Spalletti la vuole vincere così. Giocando in 14 contro 11. Ed il bello è che, nel caso, sarà anche tutto regolare.