Spalletti 24 giorni dopo

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AS Roma Match Program (T.Riccardi) – Ventiquattro giorni, da giovedì 14 gennaio (primo allenamento a Trigoria) a domenica 7 febbraio. Meno di un mese di lavoro per cambiare la Roma. A Reggio Emilia, contro il Sassuolo, alla quarta partita di “Luciano secondo”, già si è notata una traccia riconoscibile di quella che è l’idea di calcio di Spalletti. Una prestazione di quantità e qualità con gol segnati (Salah, El Shaarawy), occasioni da reti create e una ritrovata solidità difensiva. Sembra che il giocattolo abbia ripreso a funzionare nel modo giusto. È la seconda vittoria di fila dopo quella con il Frosinone, “ma ora non ci dobbiamo fermare” ha avvertito l’allenatore di Certaldo raccomandandosi di non fallire le prossime sfide. A partire dalla Sampdoria. Uno Spalletti lavoratore, che fa lavorare tanto i giocatori dal punto di vista tattico e fisico. Come quello che avevamo lasciato il 31 agosto 2009 prima che rassegnasse le dimissioni. “Sulla mia professionalità non dubitate mai”, diceva. Lui è lo stesso di sette anni fa, se non maturato dall’esperienza allo Zenit San Pietroburgo.

Dal punto di vista della comunicazione trasmette più sicurezza su quello che intende fare rispetto alla prima versione. È diretto e arriva subito al punto. Il DG Baldissoni, in diretta Mediaset, a domanda precisa, ha risposto così: “Ci piace, il suo messaggio vale per tutti, non ci sono vittime identificate. Si raccomanda che tutto sia all’altezza. È corretto cambiare il linguaggio e alzare l’attenzione”. Ogni conferenza stampa regala titoli e spunti interessanti su qualsiasi argomento. Non dribbla le domande, affronta sempre apertamente la questione. Ha fatto chiari riferimenti ad alcuni “atteggiamenti” giusti e non: “Gervinho voleva andare via a tutti i costi. El Shaarawy voleva venire a tutti i costi. Non ho dubbi su chi serviva a noi”, alludendo la preferenza per l’attaccante ex Milan. Continua a tenere per sé giusto qualche dubbio sulla formazione perché “non si può dire proprio tutto”. Ha assunto quell’autorità da tecnico internazionale, che in molti gli avrebbero voluto attribuire alla prima esperienza capitolina.

Non a caso, quando ha richiamato la squadra ad assumere i “comportamenti”, in campo si sono visti i risultati. Senza, però, perdere quei tratti distintivi lessicali per cui si era fatto conoscere in passato. Dai “riportini” e dalle “sentinelle” intorno al campo di allenamento, si è arrivati a un “topino nel suo ufficio”: “Secondo me lui (il topino, ndr) qualcosa racconta, ma ci sta che prima o poi lo acciacchi”. Un monito sotto forma di metafora. Quando parla di tattica si sofferma a lungo offrendo spiegazioni esaurienti. Rispondendo a un quesito sul ruolo di Salah, per esempio, ha sviscerato la questione in stile master di Coverciano: “Lui deve pensare a puntare l’uomo, perché quella è la sua peculiarità. Poi deve riconoscere quando deve attaccare la profondità e quando deve aspettare la palla sui piedi. Dipende dal tipo di gioco che stiamo sviluppando. Lui è bravo con la palla sui piedi, secondo me fa fatica se parte da più esterno, perché la strada è più lunga e si incontrano più persone verso la strada per casa, che è quella della porta. Se torni per vie centrali la strada è più corta per poter far male. Quando giochi sull’esterno, c’è bisogno di due o tre passaggi per ritrovarti”.

A proposito della fase difensiva è ricorrente il verbo “mordere” per la riconquista immediata del pallone nella trequarti avversaria attraverso il pressing alto. È uno dei principi fondamentali del suo calcio. E poi, si è raccomandato di non prendere più gli “sciagattoni”. Ovvero, ribaltamenti improvvisi di fronte con la difesa alta inevitabilmente esposta a rischi. Ha spiegato: “Da noi in Toscana si dice gli sciagattoni, un qualcosa che va da una parte all’altra, come l’acqua in un contenitore, quando invece è da tenere un po’ sotto controllo”. Questo e tanto altro nei primi 24 giorni del nuovo (vecchio) Spalletti alla Roma. Ed è solo l’inizio.

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