La Gazzetta dello Sport (G.Imparato) – Non è pessimismo cosmico ma sano realismo, pragmatismo spiccio di un tecnico che ha capito come sia inutile illudersi troppo. Arriva la primavera, ma Paulo Sousa vede i colori dell’autunno. «La Champions League? E’ praticamente svanita, perché chi è davanti non sbaglia una partita e noi, invece, fatichiamo troppo. Sì, è lontana». Addio anche al terzo posto, dopo l’Europa League persa oltre-Manica. E pensare che s’era cullato il sogno scudetto nemmeno molto tempo fa («Il fatto è che oggi non si vince con la facilità di allora, pur giocando bene come col Frosinone»). Niente podio, il progetto si schianta su un palo, una traversa e un Leali strepitoso. Debutto italiano non felice da tecnico come, invece, fu da calciatore: nel 1994 Lippi, incastonandolo in mediana con Dechamps, portò la Juventus a vincere scudetto (dopo 9 anni), Coppa Italia e poi, con lui in campo, la coppa Campioni a Roma, contro l’Ajax, nel ‘96. Altra storia, altro calcio, sono trascorsi anni luce.
ANEMIA DA GOL – La Fiorentina abdica in 90’ in cui arriva ad un passo dal gol risolutivo, della svolta. «Kalinic? Ha fatto un’ottima gara, ha preso tante botte come sempre…» glissa il coach che da ragazzo impressionò subito l’Eriksson mentre a Lisbona modellava il suo Benfica. Rammarichi? Li nasconde bene, come glissa su un rigore non concesso da Valeri. «La manata di Blanchard in area? Io penso a promuovere questo sport… certe cose capitano, ma chi predilige giocare al calcio come noi andrebbe tutelato» punzecchia. Sta di fatto che Kalinic resta ad un solo gol realizzato nel 2016, quando invece Sousa era in campo l’anemia da gol appariva «malattia» rara.