Il Messaggero (S. Carina) – El niño ha crecido. Sì, il bambino è cresciuto. All’improvviso, di colpo, probabilmente più rapidamente di quanto ci si aspettasse. Gli è bastato un ritiro di una settimana in Inghilterra e un paio di amichevoli contro Barnsley ed Everton per prendersi la Roma. E le indiscrezioni sul futuro di Dybala contano fino ad un certo punto. Perché a Trigoria sono bastati un paio di allenamenti per innamorarsi di Soulé. Da Pellegrini a De Rossi, Matias ha conquistato tutti. Quel sorriso contagioso del ragazzino di Mar del Plata dà la sensazione che si trovi dove vuole realmente essere. La Roma lo ha voluto e lui ha voluto la Roma. Senza mai tentennare, nemmeno quando la trattativa sembrava essersi arenata. È venuto per De Rossi, per gli amici Paredes e Dybala ma soprattutto perché si è sentito cercato e lusingato. Per giocare all’Olimpico dovrà aspettare la seconda giornata di campionato ma a Cagliari, al debutto, toccherà a lui. Sì, almeno considerando le amichevoli. Dal suo arrivo, DDR lo ha sempre schierato titolare.
Gli abbracci durante gli allenamenti, l’attenzione con la quale Daniele si è dedicato a lui (rivolgendosi in spagnolo) nel corso delle sedute è qualcosa che non è passato inosservato in Inghilterra. È sembrato come quando in una famiglia un padre ha un debole per un figlio ma non può farlo vedere più di tanto perché farebbe restare male gli altri. Del resto Soulé incarna il mantra di Daniele: qualità e velocità. Basta che il pallone arrivi tra i suoi piedi e sai che qualcosa può accadere. È successo nel test al St.George’s Park contro il Barnsley con l’assist a occhi chiusi per Dybala e il pallonetto con il quale ha segnato da fuori area il 4-0. Il bis, qualche giorno dopo, al Goodison Park, contro l’Everton con il pallone con il contagiri per il gol del provvisorio vantaggio firmato Pellegrini.
Soulé sembra ricalcare un vecchio spot automobilistico degli anni 80′ che aveva un claim che entrò nel cuore degli italiani: “Piace alla gente che piace”. Sì perché Matias piace, c’è poco da fare. In un attimo è diventato la mascotte del gruppo degli argentini. Quello da prendere in giro durante una gita in pullman – dopo una seduta di paint-ball per cementare il gruppo – perché si è addormentato o da mettere in mezzo durante la bevuta del mate. Soulé se la ride. Del resto uno che è nato con “una pelota bajo el brazo”, una palla sottobraccio, e che prendeva legnate da quando aveva 4 anni giocando con gli amici del fratello Agustín, più grandi di lui di 5 anni, queste sono carezze.
Arrivato alla Roma, Matias ha in Dybala un punto di riferimento. A Burton era l’ombra di Paulo. Lo seguiva ovunque, in campo e fuori. Ed è chiaro che la situazione del connazionale non può fargli piacere. I tre argentini, insieme ad Angeliño, sono molto uniti tra di loro. E Matias sta vivendo male il disagio della Joya. Che dal canto suo, raggiunto ieri in città dall’agente Novel (in contatto con Ghisolfi), in giornata riabbraccerà la moglie Oriana. Lunedì sera è andato a cena con Paredes (Soulé non c’era, essendosi concesso una giornata al mare con la fidanzata), un altro che non ha gradito esser finito nel calderone dei sacrificabili con destinazione Arabia. Anche Leo, di muoversi, non ha la minima intenzione. Oggi la squadra torna ad allenarsi. Bisognerà capire se De Rossi parlerà con Paulo. Finora, da sabato, dopo l’amichevole contro l’Everton per intenderci, non è accaduto.